Uno studio dell’università delle Nazioni Unite identifica 6 punti di non ritorno del rischio a cui l’umanità si sta avvicinando (o ha già superato, almeno in alcune regioni). Innescarli ha effetti a catena e globali che minano alla base la capacità delle nostre società di mettere in campo misure adeguate per gestire la crisi climatica
Tra i tipping point del rischio ci sono anche i detriti spaziali
(Rinnovabili.it) – La nostra capacità di gestire e adattarci alla crisi climatica ha dei limiti. E l’umanità ci si sta pericolosamente avvicinando. È il messaggio di un nuovo rapporto dell’Università delle Nazioni Unite che accende i riflettori sui “tipping point del rischio”, un concetto che integra i cosiddetti punti di non ritorno climatici con il loro possibile impatto cumulativo e globale sulle società umane.
Per la prima volta, nel 2021, il rapporto dell’IPCC sul cambiamento climatico ha parlato estesamente dei “punti di non ritorno”, cioè quelle soglie critiche oltre le quali alcuni elementi del sistema climatico del Pianeta vanno totalmente fuori controllo, con effetti a catena, fino al raggiungimento di un nuovo stato di equilibrio. Manca però una valutazione su quanto il superamento di queste soglie possa effettivamente incidere sulle nostre economie e società. E qual è la soglia di allarme oltre la quale non saremo più in grado di fronteggiare la crisi climatica in modo adeguato.
Cosa sono i tipping point del rischio?
Per rispondere a questa domanda, i ricercatori delle Nazioni Unite hanno analizzato 6 punti di non ritorno del rischio, indagandone le ripercussioni a livello globale. Un punto di non ritorno del rischio, secondo la definizione del rapporto, è “il momento in cui un dato sistema socioecologico non è più in grado di tamponare i rischi e fornire le funzioni previste, dopodiché il rischio di impatti catastrofici su questi sistemi aumenta sostanzialmente”.
A queste categorie appartengono l’esaurimento delle risorse idriche sotterranee, fondamentali per sostenere il sistema alimentare globale – che ne dipende al 70%. La soglia critica si raggiunge quando i livelli delle riserve restano a profondità irraggiungibili per l’uomo. La fusione dei ghiacciai sta già innescando tipping point del rischio in Europa e in altre regioni, nelle quali al massimo entro 10 anni si raggiungerà il momento di massimo rilascio di acqua dalle masse glaciali, dopo il quale le riserve idriche liberate stagionalmente inizieranno a diminuire.
Gli eventi estremi come inondazioni e incendi superano la soglia critica quando rendono impossibile acquistare una polizza assicurativa per i propri beni, mentre altri punti di non ritorno sono più chiaramente interconnessi. Il caldo insopportabile ad esempio minaccia non solo la vita e la salute umana, ma anche la fauna selvatica, aumentando il rischio di estinzioni accelerate, mettendo in pericolo gli ecosistemi da cui dipendiamo. La sesta soglia è identificata nell’aumento di detriti spaziali, con la possibilità che gli urti mettano fuori uso i nostri sistemi satellitari (da cui dipendono i meccanismi di early warning contro gli eventi estremi).
“Ogni sistema agisce come un filo in una rete di sicurezza, impedendoci di subire danni e sostenendo le nostre società. Quando il sistema successivo si inclina, un’altra corda viene tagliata, aumentando la pressione complessiva sui sistemi rimanenti per sostenerci. Pertanto, qualsiasi tentativo di ridurre il rischio in questi sistemi deve riconoscere e comprendere queste interconnettività sottostanti”, si legge nel rapporto.