L’analisi ‘climatica’, messa a punto da 13 istituti di ricerca di tutto il mondo tra cui gli italiani Ingv e Enea, tiene insieme i dati sulle temperature rilevate nelle acque oceaniche fino a 2mila metri di profondità. Gli ultimi cinque anni in fila sono i più caldi mai osservati, e ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – E’ caldo da record per le temperature degli oceani. Con il Mediterraneo che ha il tasso più alto di riscaldamento a livello globale. E una cinquina in fila, per gli anni più caldi mai osservati: tutti a partire, il 2016, 2017, 2018, 2019, e il 2020. Sul lungo termine è risultato che ciascuno degli ultimi nove decenni è stato più caldo del decennio precedente. Questa volta la certificazione ‘climatica’ è il risultato del lavoro di 13 istituti di ricerca di tutto il mondo, tra cui gli italiani Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e Enea. L’analisi – ‘Upper ocean temperatures hit record high in 2020’, pubblicata sulla rivista Advances in atmospheric sciences – tiene insieme i dati sulle temperature rilevate nelle acque oceaniche fino a 2mila metri di profondità.
Secondo i ricercatori dell’Ingv e dell’Enea “il Mediterraneo è considerato un hot spot. Gli effetti dovuti al cambiamento climatico possono essere più importanti per la sua conformazione e per la circolazione delle correnti. Da questa ricerca è emerso che è il bacino con il più alto tasso di riscaldamento a livello globale”.
Quello che è stato preso in considerazione – viene spiegato – non è la temperatura ma il contenuto di calore degli oceani fino a 2mila metri di profondità, basandosi sui dati ricavati da tutte le osservazioni disponibili nel World ocean database. La scoperta ci racconta che nel 2020, rispetto al 2019, gli oceani hanno assorbito una quantità di calore pari a 20 Zettajoule, l’equivalente del calore prodotto da 630 miliardi di asciugacapelli costantemente in funzione giorno e notte per un anno; le temperature sono le più alte mai registrate fin da quando è possibile avere una stima a livello globale.
Proprio per il ruolo che l’oceano riveste nel modulare il clima della Terra “il contenuto di calore dell’oceano rappresenta il miglior indicatore del fatto che il Pianeta si stia riscaldando o meno”. Insieme con il 2016, quello appena trascorso sono stati gli anni più caldi mai registrati, tenendo presente che il 2016 è stato però l’anno de El Nino, il fenomeno climatico periodico che determina un forte riscaldamento delle acque oceaniche.
“Il 90% del calore del riscaldamento globale finisce negli oceani – Simona Simoncelli dell’Ingv di Bologna, co-autrice italiana dello studio insieme con Franco Reseghetti del Centro ricerche ambiente marino S. Teresa dell’Enea – quindi in realtà il ‘riscaldamento globale’ non è altro che il ‘riscaldamento dell’oceano’. Oceani più caldi influiscono notevolmente sulle condizioni meteorologiche locali, generando tempeste più potenti e favorendo l’innalzamento del livello del mare. I risultati della ricerca rappresentano un ulteriore chiaro dato che indica la necessità di agire al più presto per limitare gli effetti del cambiamento climatico in atto”.
Secondo Reseghetti “il riscaldamento osservato ha delle conseguenze: la Terra sta diventando ogni anno più calda e questo non è un problema solo del mondo accademico, perché i cambiamenti climatici influisce quotidianamente sulle nostre vite e sulla nostra società. La vita di un numero sempre maggiore di persone viene messa in serio pericolo e purtroppo non si sta facendo abbastanza per cercare di limitare gli effetti nefasti del cambiamento climatico globale”. E un Pianeta e oceani sempre più caldi portano a “effetti sorprendenti” in alcuni casi drammatici come per esempio “incendi di vastissime dimensioni”, tipo quelli scoppiati in Australia, in un pezzo dell’Amazzonia e negli Usa in California. Ma gli impatti possono essere anche sul versante opposto: perché oceani più caldi portano a un riscaldamento maggiore dell’atmosfera che a sua volta provoca piogge più intense, un numero maggiore di tempeste e uragani, e di maggiore intensità, con un evidente aumento del rischio di inondazioni”.
E’ l’intero Pianeta a essere interessato: “nel Nord Atlantico quest’anno si è verificato un numero record di tempeste che hanno colpito il Nord America, lo stesso fenomeno si è verificato in Vietnam, e l’arcipelago delle isole Fiji è stato recentemente devastato da un uragano di categoria 5”. Allo stesso modo anche “i Paesi dell’area mediterranea sono stati colpiti da importanti incendi estivi (Spagna, Portogallo, Grecia e Italia), e hanno subito danni da trombe d’aria e piogge d’intensità estrema nell’anno più caldo mai misurato in Europa”.
In verità per i ricercatori il mar Mediterraneo, tra tutte le aree analizzate, è “il bacino che evidenzia il tasso di riscaldamento maggiore negli ultimi anni, confermando quanto si trova nel rapporto sullo stato dell’oceano del Servizio marino europeo Copernicus del 2016 e del 2018, proseguendo un processo iniziato una trentina di anni fa ma con un incremento più elevato rispetto alle altre aree oceaniche”.
“I risultati ottenuti sono la riprova che sono in atto effetti globali di ampia portata sull’ambiente e sulla società”, concludono i ricercatori che invitano “ad intervenire per limitare in modo importante le emissioni di gas serra e allo stesso tempo ad adattarsi alle conseguenze ormai inevitabili dell’incessante riscaldamento avvenuto negli ultimi decenni”.