Così come l’Italia ha registrato il suo 4° luglio più caldo degli ultimi 30 anni, anche le acque del nostro mare reagiscono al global warming con temperature record del Mediterraneo che in alcuni casi superano i 30 gradi Celsius. nella settimana di Ferragosto due giornate “estreme” sia in termini di media giornaliera che di picco massimo di temperatura.
Mediterraneo mai così caldo
A lanciare l’allarme è l’Institut de Ciencies del Mar di Barcellona che durante alcune rilevazioni ha registrato il 15 agosto, una temperatura record del Mediterraneo pari a 28,9°C come media giornaliera. Un valore termico che supera il precedente primato segnato a luglio 2023 e pari a 28,7°C.
Ma c’è di peggio. Lo stesso 15 agosto ad El-Arish in Egitto, la temperatura record del Mediterraneo ha toccato i 31,96°C. Le letture preliminari per il 2024 provengono dalle rilevazioni dell’osservatorio europeo Copernicus e confermano il bacino del Mediterrano come uno dei mari più soggetti alle ondate di calore estive.
“Ciò che è notevole non è tanto raggiungere un massimo in un dato giorno, quanto osservare un lungo periodo di temperature elevate, anche senza battere un record”, ha sottolineato Justino Martinez, ricercatore presso l’Instituto di Barcellona
Dal 2022 le temperature superficiali del Mediterraneo sono state elevate in modo anormale per lunghi periodi di tempo, confermando il problema connesso al cambiamento climatico.
A livello locale, lungo le coste di Spagna, Francia e Italia sono state registrate temperature dell’acqua superiori a 30 °C (4 °C in più rispetto alla norma).
Gli oceani hanno assorbito il 90% del calore in eccesso
I ricercatori sottolineano quanto già emerso in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2024: questi grandi bacini d’acqua assorbono il 90% del calore in eccesso prodotto dal riscaldamento globale ed un terzo dell’anidride carbonica. Inoltre producono fino all’80% dell’ossigeno, applicando un’azione regolatrice del clima grazie alle correnti marine.
Il surriscaldamento degli oceani e dello stesso Mar Mediterraneo avrà inevitabili ripercussioni sulla vita animale e vegetale marina, provocando la diffusione di specie invasive aliene e la migrazione di specie autoctone.
L’aumento delle temperature inoltre compromette la capacità di Oceani e Mari di assorbire CO2 generando un circolo vizioso che riposta al global warming.
Sempre più alto il rischio di Medicanes
Ma quest’estate ha mostrato un altro drammatico problema portato con sè dal surriscaldamento della acque marine: la sempre maggiore possibilità che anche nel Mediterraneo si formino cicloni dai caratteri tropicali, conosciuti anche come medicanes.
“Le trombe marine che ne derivano viaggiano condizionate dalla distribuzione del calore sul mare e, se raggiungono la terra ferma, anche dalla superficie topografica“, ha sottolineato Giuseppe Mastronuzzi, Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari. “Ce ne sono stati sempre ma la loro frequenza pare aumentata come sicuramente è aumentata la loro capacità di produrre danni a causa dell’elevata concentrazione di strutture realizzate lungo la costa esposte al loro impatto. L’affondamento dello yacht Bayesan e la perdita di vite umane è un triste corollario legato alla difficile gestione di questi fenomeni spesso improvvisi“. Si tratta di fenomeni che si verificano con temperature del mare superiori ai 26°C che corrisponde anche ad un riscaldamento della parte bassa della troposfera (9-14 km di quota). “Aria calda ed umida che sale verso l’alto è soggetta di per sé a rotazione derivante dalla rotazione del pianeta. In caso in cui masse d’aria fredda artica scivoli verso le basse latitudini ad alta velocità sulle masse d’aria calda le richiama verso l’alto come in un caminetto. Si genera una circolazione ascendente ciclonica (nel nostro emisfero) molto veloce. Le masse d’aria che si solleva velocemente ruotano a velocità di circa 100 km ma anche oltre e, risalendo in quota, si raffreddano e il vapore acqueo si condensa a generare piogge intense e localizzate”, prosgue Mastronuzzi che poi conclude ribadendo che “un rimedio certo nei confronti di questi fenomeni che dobbiamo immaginare essere sempre presenti in futuro è quello della corretta pianificazione territoriale e della gestione oculata della fascia costiera“.