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Tecnologie rimozione CO2, dobbiamo raddoppiare la capacità entro il 2050

Uno studio pubblicato su Nature Climate Change calcola il gap di capacità di sequestro della CO2 a metà secolo in base ai piani nazionali attuali. Rispetto ai 5,1 miliardi di tonnellate di CO2 (GtCO2) stimati dall’IPCC nello scenario emissivo più ottimistico, potremmo arrivare solo a 1,9 GtCO2. E nel peggiore dei casi, con i piani di oggi, ci fermeremmo a 0,5 GtCO2

Tecnologie rimozione CO2: rischiamo un gap da 3,2 GtCO2
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Oggi le tecnologie per la rimozione di CO2 valgono appena 0,002 GtCO2 l’anno

Tutti gli scenari emissivi dell’IPCC, anche i più ottimisti, prevedono il ricorso alle tecnologie per la rimozione di CO2. Ma i piani attuali dei paesi per potenziare la capacità CDR (carbon dioxide removal) sono ben lontani dal raggiungere il volume necessario di cattura dell’anidride carbonica. Nel 2050 ci potremmo ritrovare con un gap di capacità di 3,2 miliardi di tonnellate di CO2 (GtCO2). Avremmo cioè un surplus pari alle emissioni annuali dell’Europa nel 2020. Lo ha calcolato uno studio apparso su Nature Climate Change e guidato dal Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change.

CDR e scenari emissivi

Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, pubblicato nel 2022, lo scenario emissivo migliore (C1) prevede tagli delle emissioni rapidi e drastici, con il grosso dello sforzo concentrato entro il 2030. In questo modo sarebbe possibile raggiungere il picco del carbonio globale non oltre il 2025 e limitare lo sforamento temporaneo (offshoot) degli 1,5 gradi a solo 1 decimo di grado. Entro la fine del secolo la temperatura globale si assesterebbe intorno a +1,2-1,4°C rispetto all’epoca pre-industriale (con una probabilità del 33-58%), rispettando l’Accordo di Parigi.

Per stare su questa traiettoria dovremmo limitare le emissioni annuali di gas serra a 29-33 GtCO2 nel 2030 rispetto alle circa 55 GtCO2 del 2019, per poi scendere ancora a 16-18 GtCO2 nel 2040 e a 8-9 GtCO2 nel 2050. I gas serra residui, anche nel gruppo di scenari emissivi C1, dovranno essere eliminati con la rimozione della CO2.

Tecnologie rimozione CO2, qual è il gap al 2050?

Nello studio guidato dal Mercator Research Institute, gli autori applicano alle tecnologie per la rimozione di CO2 la stessa logica usata nell’Emission Gap Report dell’UNEP, il rapporto che calcola quante emissioni “di troppo” stiamo generando rispetto a una traiettoria compatibile con 1,5 gradi. Stimano il “gap di CDR” a partire dall’analisi dei piani nazionali attuali per costruire capacità di rimozione della CO2. Il risultato? Rispetto alle 5,1 GtCO2 di CDR richieste nel 2050 secondo lo scenario più ottimista dell’IPCC, arriveremmo nel migliore dei casi appena a 1,9 GtCO2. E nel peggiore ci fermeremmo a 0,5 GtCO2.

Per quanto investire in modo massiccio sulle tecnologie di rimozione della CO2, oggi, rischia di essere anche (o prevalentemente) un modo per evitare sforzi massicci nei tagli delle emissioni, lo studio suggerisce che sia una strada da percorrere con più ambizione. Puntando non tanto sulle opzioni convenzionali per il sequestro della CO2, come l’afforestazione e pratiche analoghe (che oggi catturano circa 3 GtCO2 l’anno), che creano conflitti con biodiversità e uso dei suoli. Bensì su tecnologie innovative e ancora poco sviluppate come la cattura diretta dall’aria (DAC, direct air capture) e la meteorizzazione arricchita delle rocce (enhanced rock weathering), che oggi valgono appena 0,002 GtCO2 l’anno.

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.