Rinnovabili • Superare 1,5 gradi aumenta del 72% il rischio di innescare tipping point

Superare 1,5 gradi è una pessima idea

Uno studio del PIK di Potsdam dimostra che anche uno sforamento (overshooting) contenuto e temporaneo della soglia più ambiziosa del Paris agreement aumenta molto il rischio di superare punti di non ritorno del sistema climatico terrestre. Il livello di global warming ‘sicuro’ per evitarlo è +1°C: oggi siamo a +1,2 gradi

Superare 1,5 gradi aumenta del 72% il rischio di innescare tipping point
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Superare 1,5 gradi è una condanna a morte per Amazzonia e ghiacciai

(Rinnovabili.it) – Negli ultimi anni, man mano che i numeri dicono chiaramente che -salvo miracoli improbabili- è ormai virtualmente impossibile non superare 1,5 gradi, quale che sia lo scenario emissivo considerato, la politica ha sfoderato una nuova parola d’ordine: l’importante è tenere gli 1,5°C “a portata di mano”. Lo slogan però è fuorviante e non rende un buon servizio all’azione climatica, visto che suggerisce che rispettare questa soglia o superarla di poco e solo temporaneamente siano equivalenti. Non lo sono affatto.

Interruttori

Certo, gli 1,5°C non funzionano come un interruttore: se contenessimo il riscaldamento globale sotto questo limite la crisi climatica non scomparirebbe d’incanto, anzi. Dovremmo comunque fare i conti con la necessità di adattarci a un mondo molto più caldo rispetto a quello di 150 anni fa. La siccità che ha portato il Po ai livelli più bassi di sempre quest’anno, le ondate di calore più persistenti, lunghe e letali come quelle dell’ultima estate, le precipitazioni estreme e concentrate in poche ore come nel caso recente delle Marche o di Ischia, sono tutti cambiamenti che avvengono in un mondo appena 1,2°C più caldo. La scienza del clima, però, è concorde nell’affermare che evitare un global warming maggiore permetterebbe di evitare l’impatto peggiore dei cambiamenti climatici.

Eppure, il clima terrestre ha qualcosa di simile a degli “interruttori”: sono i cosiddetti tipping point, punti di non ritorno una volta superati i quali si innescano dei processi trasformativi che portano il Pianeta -in tempi relativamente brevi o lunghi anche diverse centinaia di anni- in una nuova condizione di equilibrio, molto diversa da quella attuale. La scomparsa dei ghiacciai di Antartide e Groenlandia e l’aumento del livello dei mari che ne consegue è un esempio di questo tipo di processi. Secondo l’IPCC, si tratta di un fenomeno “irreversibile” su una scala temporale umana.

Superare 1,5 gradi: il rischio tipping point

Il problema è che rischiamo di accendere molti di questi interruttori appena ci troveremo a superare 1,5 gradi. Secondo uno studio del FutureLab Earth Resilience in the Anthropocene ospitato dal Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), sforare i limiti fissati dal Paris agreement, anche di poco, aumenta del 72% il rischio di innescare diversi punti di non ritorno nel sistema climatico. Anche se la parabola emissiva a lungo termine scende di nuovo entro i parametri di Parigi.

“Anche se riuscissimo a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi dopo un superamento di oltre due gradi, questo non sarebbe sufficiente perché il rischio di innescare uno o più punti di svolta globali sarebbe comunque superiore al 50%. Con un riscaldamento maggiore nel lungo periodo, i rischi aumentano drasticamente” spiega il primo autore dello studio apparso su Nature, Nico Wunderling.

L’ultimo rapporto dell’IPCC, pubblicato tra l’estate del 2021 e la primavera del 2022, mostra chiaramente che ormai non esiste alcuno scenario emissivo plausibile che riesca a non superare 1,5 gradi. Anche lo scenario più ottimista (C1) prevede che si raggiungano gli 1,6 gradi di global warming con una probabilità del 50%, per poi attestarsi a 1,2-1,4°C nel 2100. C’è, quindi, l’overshooting, anche se molto limitato.

Sia le politiche attuali sia quelle promesse dagli Stati ma non ancora tradotte in concreto ci portano ben lontani da questa traiettoria. Secondo l’ultimo Emission gap report pubblicato dall’Unep lo scorso ottobre, le prime ci conducono verso un riscaldamento di +2,8 gradi, le seconde a +2,4-2,6°C. Anche ipotizzando che tutti gli impegni a lungo termine -neutralità climatica attorno alla metà del secolo- siano raggiunti, il Pianeta diventerebbe comunque 1,8°C più caldo.

Ghiacci e foreste

Già nei prossimi cinque anni, quindi entro il 2027, ci possiamo attendere di superare 1,5 gradi di riscaldamento globale almeno in un anno, come sostiene l’Organizzazione meteorologica mondiale. L’ultimo rapporto dell’IPCC, invece, è più cauto ma non lascia molto spazio per l’ottimismo: l’overshooting avverrà entro il 2035, e non rientrerà sotto gli 1,5 gradi prima del 2070.

Secondo lo studio del PIK, questo si traduce in un rischio molto concreto di innescare cambiamenti irreversibili nella criosfera del Pianeta tra una mancata di anni. Il tipping point più vicino -sarebbe il caso di dire “più a portata di mano”- riguarda infatti i ghiacciai della Groenlandia e dell’Antartide occidentale. Appena più in là nel tempo ci sarebbe un punto di non ritorno per le principali foreste tropicali, come l’Amazzonia.

I ricercatori dell’istituto tedesco hanno calcolato anche qual è la soglia di riscaldamento globale che possiamo considerare “sicura” per evitare di inciampare in questi interruttori climatici. “Per prevenire efficacemente tutti i rischi di tipping point, l’aumento della temperatura media globale dovrebbe essere limitato a non più di un grado – attualmente siamo già a circa 1,2 gradi”, afferma Jonathan Donges del PIK.