Gli oceani sono il principale pozzo di carbonio del Pianeta
(Rinnovabili.it) – Gli oceani sono il più grande e prezioso “pozzo di carbonio” del Pianeta. Da soli, assorbono circa 1/3 delle emissioni antropiche di CO2 che produciamo ogni anno, le sottraggono all’atmosfera, e quindi frenano l’aumento del riscaldamento globale. Ma il loro ruolo è ancora più importante. Uno studio condotto da ricercatori del CNR francese rivela che la capacità di stoccaggio di carbonio negli oceani potrebbe essere il 20% più alta di quanto stimato finora.
I numeri più affidabili sono forniti dal 6° rapporto del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), pubblicato nel 2021. La sintesi delle conoscenze scientifiche in materia fissa a circa 11 miliardi di tonnellate di carbonio (Gt C) la capacità annuale degli oceani. Lo studio del CNR francese, pubblicato di recente su Nature, rivede al rialzo questa cifra e la porta a circa 15 Gt C.
Plankton, neve marina e stoccaggio di carbonio negli oceani
Per arrivare a questo risultato, i ricercatori hanno analizzato i dati raccolti dalle spedizioni oceanografiche in tutto il mondo dagli anni ’70 a oggi e sono riusciti a ricostruire i flussi di carbonio dalla superficie al fondale. Al centro del processo che guida lo stoccaggio del carbonio negli oceani c’è il plankton e la cosiddetta “neve marina”.
“Il plancton divora l’anidride carbonica e, man mano che cresce, la converte in tessuto organico attraverso la fotosintesi”, spiegano gli autori. Alla morte, il plankton tende a scendere verso il fondale scomponendosi in particelle, che formano la neve marina. “Essendo più dense dell’acqua di mare, queste particelle affondano nel fondale marino, immagazzinandovi carbonio e fornendo nutrienti essenziali per un’ampia gamma di organismi delle profondità marine, dai minuscoli batteri ai pesci di acque profonde”, continuano gli autori.
Che implicazioni ha la nuova stima sulla capacità di stoccaggio del carbonio negli oceani? Il team di ricercatori specifica che questo 20% in più non si traduce in un vantaggio immediato – cioè su temi a scala umana – per contrastare la crisi climatica. “Questo processo di assorbimento avviene nell’arco di decine di migliaia di anni, e non è quindi sufficiente a compensare l’aumento esponenziale delle emissioni di CO2 causato dall’attività industriale mondiale a partire dal 1750”, specificano. Ma ci permette di ricalibrare la nostra comprensione del ruolo degli oceani come attore principale nella regolazione a lungo termine del clima globale.