Secondo le previsioni della Noaa, la stagione degli uragani sarà nella media con una probabilità di appena il 40%
(Rinnovabili.it) – Quella del 2023 sarà la stagione degli uragani più incerta di sempre. Usciamo da 6 anni consecutivi di record e andiamo verso un’estate in cui El Niño inizierà a diventare più forte. Ma le temperature superficiali dell’oceano sono schizzate verso l’alto come mai era successo prima. E potrebbero cambiare le carte in tavola.
Le previsioni ufficiali, appena diramate dalla Noaa statunistense, la National Ocean and Atmospheric Administration, parlano di una stagione degli uragani che dovrebbe ritornare nella norma. Ma la probabilità è solo del 40%, mentre sia l’opzione sopra sia quella sotto la norma sono date al 30%.
Secondo il suo modello si dovrebbero formare da 12 a 17 tempeste con venti superiori a 39 miglia orarie. Di queste, tra 5 e 9 dovrebbero rinforzarsi e passare di categoria, diventando uragani (cioè con venti che spirano ad almeno 74 miglia). Da 1 a 4 di questi potrebbe diventare un uragano di categoria superiore a 3, quindi con venti almeno a 111 miglia all’ora. La norma è, rispettivamente, di 14, 7 e 3 eventi.
El Niño e l’ondata di calore in Atlantico influenzano la stagione degli uragani
La lista di nomi per la stagione degli uragani 2023 va dalla A di Arlene alla W di Whitney, ma difficilmente si arriverà a esaurirla come successo negli anni scorsi. Il fattore che frena di più è il ritorno di El Niño. Il fenomeno di origine naturale che riscalda le acque del Pacifico orientale all’altezza dell’equatore con conseguenze globali di solito è associato a un numero minore di uragani. L’aria più calda che si sviluppa sul Pacifico e arriva in quota influenza i venti ed è in grado di smorzare la potenza delle tempeste.
Ma quest’anno siamo anche di fronte ad un’anomalia eccezionale delle temperature superficiali dell’oceano: i valori medi in tutto il globo sono da record, ma l’Atlantico è una delle regioni con il dato più alto. Più calore nell’acqua significa una maggiore quantità di energia che viene immessa nel sistema. E quindi, potenzialmente, tempeste più violente. L’anomalia è apparsa ad aprile e sta continuando lungo il mese di maggio. Negli ultimi giorni l’Atlantico settentrionale è stato quasi 1°C più caldo della norma, la deviazione dalla media più grande mai registrata da quando esistono le rilevazioni (1982) ma, secondo alcuni studi, è probabilmente la più alta da almeno 100mila anni.