Il dossier dell’Omm a fine stagione degli uragani
(Rinnovabili.it) – Quasi da record a settembre, lunghissima e terza per intensità dopo quella del 2015 e del 2020. La stagione degli uragani 2021 è arrivata a un soffio dall’imporsi come la peggiore della storia ma ha comunque consolidato una tendenza ormai più che evidente al rafforzamento delle perturbazioni di grande portata nell’Atlantico.
Da Ana a Wanda, passando per Fred, Ida e Odette, anche quest’anno il numero di tempeste tropicali e di uragani tra Europa e Americhe ha esaurito l’alfabeto. Se si fosse sviluppata un’altra perturbazione maggiore, i meteorologi l’avrebbero chiamata Adria, ripartendo di nuovo dalla a. Era successo anche nel 2020.
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La stagione degli uragani 2021 si è conclusa con 7 uragani, di cui 4 classificati come uragani maggiori, e con 21 tempeste tropicali. La distinzione dei nomi rispecchia l’intensità della perturbazione. Le tempeste tropicali hanno venti che soffiano a 64km/h o più; se questi superano i 118km/h diventano uragani e se raggiungono i 178km/h passano ancora di categoria come uragani maggiori.
Quella del 2021 “segna la sesta stagione consecutiva di uragani atlantici sopra la norma. È stata la prima volta in assoluto che due stagioni consecutive di uragani hanno esaurito la lista di 21 nomi di tempeste”, scrive l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm).
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L’attività di questa stagione è iniziata presto, il 22 maggio, prima dell’avvio “ufficiale” fissato convenzionalmente il 1° giugno. Si è poi rapidamente intensificata. “E’ stato il settimo anno consecutivo con una tempesta che si è formata prima dell’inizio ufficiale della stagione”. L’uragano Ida è stato il più violento dell’anno, abbattendosi su New Orleans il 30 agosto, nell’anniversario del devastante uragano Kathrina che portò sottacqua l’intera città nel 2005, cambiandone per sempre la storia.
Secondo l’Ipcc, il riscaldamento globale contribuisce all’aumento dell’intensità degli uragani, facilitando il raggiungimento delle categorie 4 e 5. Fattori climatici, tra cui La Niña, temperature superficiali del mare superiori alla norma all’inizio della stagione e precipitazioni superiori alla media con il monsone dell’Africa occidentale sono stati i principali fattori che hanno contribuito a questa stagione di uragani superiore alla media, affermano gli scienziati del NOAA statunitense. (lm)