Mentre la crisi climatica non influenzerà in modo significativo le inondazioni causate dalla fusione del manto nevoso sull’arco alpino, anche in uno scenario a basse emissioni come l’RCP2.6 la siccità diventerà più intensa, il deficit idrico sarà maggiore, durerà più a lungo e avrà un’estensione spaziale più vasta
Lo studio del politecnico di Zurigo e dell’università di Boulder sulla siccità sulle Alpi
(Rinnovabili.it) – L’ultima rilevazione di Fondazione CIMA sulla quantità di neve in Italia registra il ritorno alla (quasi) normalità: dopo 2 anni, il bilancio nazionale torna in positivo con +1% rispetto alla media 2011-2022. Sull’arco alpino la situazione è anche migliore, con il bacino del Po che segna +29%. Tanto che la possibilità di avere temperature molto sopra la media in queste settimane aumenta il rischio di inondazioni per la fusione rapida del manto nevoso. Ma cosa possiamo aspettarci su inondazioni e siccità sulle Alpi nei prossimi decenni?
È la domanda a cui prova a rispondere uno studio pubblicato su Earth’s Future, in cui un gruppo di ricercatori del politecnico di Zurigo e del National Center for Atmospheric Research di Boulder, Colorado, calcolano come varieranno inondazioni e siccità sulle Alpi con un aumento delle temperature tra 1,6 e 4°C (RCP2.6, 4.5, e 8.5) al 2100. L’analisi prende in considerazione 925 bacini idrografici sull’arco alpino e valutano i cambiamenti nel deflusso giornaliero.
Come cambierà la siccità sulle Alpi?
I risultati delle simulazioni parlano chiaro. Le inondazioni non cambieranno significativamente rispetto a oggi anche nello scenario emissivo peggiore tra quelli esaminati. Mentre la siccità sarà il vero fenomeno a cui prepararsi.
Allagamenti e inondazioni causati dalla fusione del manto nevoso potranno avvenire prima, nel corso dell’anno, rispetto ad oggi. Ma non presentano nessun’altra variazione significativa per volumi, durata ed estensione spaziale. L’unica nota è che il deflusso di acqua di fusione aumenterà relativamente di più per i bacini situati a quote più alte.
Al contrario, la siccità sulle Alpi cambierà “nell’intensità, nel deficit, nella durata e nell’estensione”, diventando più severa. E “l’entità del cambiamento aumenterà con il livello di riscaldamento”. Si tratta di cambiamenti “sostanziali”, anche negli scenari emissivi più favorevoli, cioè già a +1,6°C. “Questi cambiamenti sono anche coerenti con studi basati sull’osservazione che dimostrano che i deficit dovuti alla siccità sono aumentati in passato nei bacini alpini a bassa quota e che la stagionalità della siccità sta cambiando attraverso le fasce di elevazione a causa dei cambiamenti nei processi di generazione della siccità”, sottolinea lo studio.“Questi risultati evidenziano la necessità di adattarsi a eventi di siccità più gravi e diffusi con implicazioni dirette per la gestione dei pericoli e dei rischi”, concludono gli autori.