di Tommaso Tetro
(RInnovabili.it) – La Shell deve tagliare le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. Il verdetto è stato emesso dalla Corte olandese di un tribunale dell’Aia nei confronti del colosso petrolifero. La sentenza potrebbe avere implicazioni per le aziende energetiche di tutto il mondo, anche perché di cause simili ce ne sono 1.800 nelle aule giudiziarie del Pianeta (in base ai dati di ‘climatecasechart.com‘).
Shell dovrebbe appellarsi alla sentenza. Per gli ambientalisti però è una vittoria storica: la causa definita ‘il popolo contro Shell’ ha come parte civile 17mila cittadini olandesi e oltre agli ambientalisti, con in testa alcune Ong tra cui ‘Friends of the earth’ e Greenpeace, che avevano mosso le accuse due anni fa: la motivazione era che la multinazionale – con sede sia in Gran Bretagna che nei Paesi Bassi – doveva adeguarsi agli impegni di riduzione delle emissioni dell’accordo di Parigi sul clima (che indicano l’obiettivo del mantenimento dell’aumento della temperatura media globale entro i due gradi, puntando a 1,5).
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Nonostante Shell avesse fatto presente che questa è una materia che rientra nell’alveo “delle azioni che toccano ai governi” e che pertanto non ci fosse “una base giuridica”, è comunque giunta la decisione del giudice Larisa Alwin che, sostanzialmente, ritiene i piani relativi ai nuovi ‘sforzi’ sui cambiamenti climatici (meno 20% al 2030, 45% al 2035 e 100% entro il 2050) “non abbastanza concreti e pieni di riserve”; la società è “responsabile – afferma – di un’enorme quota di emissioni di CO2” (complessivamente 1,65 miliardi tonnellate di anidride carbonica nel 2019, più o meno come la Russia).
Il verdetto della causa – definita proprio ‘il popolo contro Shell’ – ha portato i gruppi ambientalisti a dire che “stiamo scrivendo la storia”; questa è infatti la prima volta che viene chiesto a una società di allineare la sua politica all’accordo di Parigi. Anche perché vengono riconosciuti i “seri rischi per i diritti umani” per via dei cambiamenti climatici. I cambiamenti climatici danno così un colpo a Shell. E in attesa dell’appello, se ci sarà, molte grandi aziende tremano di fronte alla possibilità di poter essere chiamate in causa per le stesse motivazioni.
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