Dopo l’accelerazione impressa 3 anni fa dalla COP26 a Glasgow, anche la 29° Conferenza Onu sul cambiamento climatico (COP29) ha registrato progressi significativi sull’attuazione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi e i mercati del carbonio.
Oggi il quadro dei carbon markets è sostanzialmente definito. La conferenza Onu sul clima di Baku:
- ha approvato le regole per lo scambio bilaterale volontario tra Stati di crediti di carbonio (articolo 6.2),
- ha istituito un meccanismo centralizzato per un carbon market globale (articolo 6.4),
- restano invece da definire ancora gli “approcci non di mercato” regolati dall’articolo 6.8.
Vediamo nel dettaglio i risultati della COP29 sui mercati del carbonio, le nuove regole istituite a Baku per lo scambio di carbon credits, i temi sui carbon markets che restano ancora da definire nel dettaglio, e le critiche mosse agli accordi finali siglati al vertice sul clima in Azerbaijan.
Leggi qui la sintesi di tutte le decisioni prese alla COP29 di Baku
Mercati del carbonio: cos’è l’articolo 6 del Paris Agreement e perché è importante?
I mercati del carbonio sono strumenti che permettono ai paesi e alle aziende di scambiare “crediti di carbonio”, che rappresentano una tonnellata di CO2 evitata o rimossa dall’atmosfera.
L’obiettivo è incentivare riduzioni delle emissioni dove è più conveniente farlo, contribuendo al contenimento del riscaldamento globale.
Nell’Accordo di Parigi (pdf), i mercati del carbonio sono regolati dall’Articolo 6. A sua volta, questo articolo regola diversi tipi di scambi di crediti di carbonio:
- Articolo 6.2: Riguarda scambi bilaterali tra paesi di unità di emissioni, chiamate ITMO (Internationally Transferred Mitigation Outcomes). Permette ai paesi di cooperare per raggiungere gli obiettivi climatici nazionali (NDC), garantendo trasparenza ed evitando il doppio conteggio delle riduzioni.
- Articolo 6.4: Introduce un meccanismo centralizzato simile al vecchio Clean Development Mechanism (CDM), che consente di generare crediti da progetti specifici di riduzione o rimozione delle emissioni, gestiti da un’autorità globale.
- Articolo 6.8: Supporta approcci non di mercato, come politiche condivise o cooperazione tecnologica, per aiutare i paesi a ridurre le emissioni senza scambi di crediti.
Sintesi dei risultati della COP29 sui mercati del carbonio
La COP29 ha segnato progressi significativi sui mercati del carbonio. A 9 anni di distanza dall’approvazione dell’Accordo di Parigi, che stabiliva all’articolo 6 le linee guida principali sul ruolo che avrebbero dovuto svolgere, i mercati del carbonio iniziano a prendere forma.
Nella decisione finale sull’articolo 6.2, La conferenza sul clima di Baku ha finalizzato il quadro normativo per l’Articolo 6.2 con un sistema di registri a doppio livello, migliorando trasparenza e tracciabilità degli ITMO (Internationally transferred mitigation outcomes), i crediti di carbonio validi in questo ambito, per evitare il doppio conteggio. Tuttavia, persistono tensioni sull’autorizzazione e la gestione delle incoerenze nei rapporti.
Sul fronte dell’Articolo 6.4, la transizione dai progetti del Clean Development Mechanism (CDM), cioè il sistema vigente finora, è stata agevolata dall’intesa finale siglata a Baku, ma restano preoccupazioni sulla robustezza dei crediti di rimozione e sulla permanenza delle carbon removal.
L’Articolo 6.8 ha registrato a Baku un progresso limitato, con la piattaforma per gli approcci non di mercato ancora priva di casi registrati, ma con una roadmap per attuazione futura. Sebbene i dettagli tecnici avanzino, rimangono divergenze politiche, specialmente su responsabilità e integrità ambientale.
Articolo 6.2, verso un sistema più coerente e solido per gli scambi bilaterali
Come ricordato in precedenza, l’Articolo 6.2 delinea le regole per il commercio dei cosiddetti Internationally Transferred Mitigation Outcomes (ITMO), ovvero unità di riduzione delle emissioni autorizzate dai paesi partecipanti. Gli ITMO possono essere usati non solo per raggiungere gli obiettivi climatici nazionali (NDC), ma anche per altri scopi internazionali, come il sistema CORSIA per il trasporto aereo.
Processo di autorizzazione: bilanciare flessibilità e credibilità
Il processo di autorizzazione degli ITMO consente ai paesi di approvare l’uso di queste unità di riduzione delle emissioni per raggiungere obiettivi climatici specifici o altri scopi internazionali. Tuttavia, una volta che un ITMO è stato trasferito per la prima volta, modificare tale autorizzazione può creare problemi di trasparenza e rischi di doppio conteggio delle riduzioni di emissioni.
Durante le negoziazioni, si è discusso se fosse necessario restringere queste modifiche. Il Regno Unito ha proposto di permettere cambiamenti all’autorizzazione solo in casi eccezionali, come situazioni di forza maggiore (eventi imprevedibili e inevitabili come disastri naturali o conflitti), per evitare confusione o manipolazioni. L’obiettivo è bilanciare la flessibilità nazionale nell’autorizzare ITMO con la necessità di un sistema globale robusto e affidabile.
Restano problemi nella trasparenza
Il sistema approvato a Baku punta a migliorare la trasparenza, ma restano lacune. I consistency checks, controlli per verificare coerenza e accuratezza dei dati, richiedono che i paesi correggano le discrepanze, ma non prevedono sanzioni in caso di non conformità. I crediti classificati come “inconsistenti” non potranno essere usati per il raggiungimento degli NDC, prevenendo così il rischio di doppio conteggio delle riduzioni. Tuttavia, i dati delle transazioni spesso saranno resi pubblici in ritardo, rendendo difficile una verifica tempestiva, ad esempio solo al momento dell’utilizzo dei crediti.
Doppio livello per i registri internazionali
È stato concordato un sistema “dual layer” con un registro internazionale per tracciare e trasferire gli ITMO, collegato ai registri nazionali e a quello del meccanismo dell’Articolo 6.4.
Il registro internazionale funge da piattaforma per tracciare e trasferire ITMOs, offrendo supporto soprattutto ai paesi che non dispongono di registri nazionali. Questi paesi possono utilizzarlo per gestire autorizzazioni, trasferimenti e utilizzi dei crediti, riducendo barriere tecniche alla partecipazione nei mercati del carbonio.
Tuttavia, gli Stati Uniti hanno sottolineato che espandere troppo le funzionalità del registro internazionale, ad esempio includendo l’emissione di crediti o altre funzioni avanzate, potrebbe generare complessità amministrative e costi elevati, complicando la gestione del sistema per i paesi partecipanti e per la segreteria dell’UNFCCC.
Articolo 6.4, ok frettoloso al mercato globale del carbonio
L’accordo sul mercato globale istituito sotto l’articolo 6.4 del Paris Agreement è stato raggiunto durante la plenaria di apertura, durante il 1° giorno della COP29 sul clima. Qui abbiamo spiegato il perché di questa approvazione così rapida dei mercati del carbonio ex articolo 6.4 e quali limiti evidenti porta con sé.
Vediamo più in dettaglio i contenuti dell’intesa raggiuta a Baku.
Continuità con il Clean Development Mechanism
I progetti precedenti al meccanismo dell’Articolo 6.4, provenienti dal Clean Development Mechanism (CDM), potranno essere facilmente integrati senza una nuova verifica dell’addizionalità (cioè, senza accertare nuovamente che il progetto abbia effettivamente contribuito alla riduzione delle emissioni).
Sebbene il CDM abbia ricevuto critiche per la sua gestione di questo criterio in passato, i crediti generati tra il 2021 e il 2025 potranno essere approvati simbolicamente dal paese ospitante senza ulteriori revisioni.
Nuove regole per i crediti generati da carbon removal
Le nuove regole per i crediti di rimozione, come quelli derivanti dalla cattura e stoccaggio della CO2, sollevano preoccupazioni riguardo alla loro non permanenza e all’efficacia a lungo termine. Preoccupazioni che hanno caratterizzato tutto il lungo processo negoziale negli ultimi anni.
La COP29 di Baku ha deciso di trattare questo tema senza risolverlo veramente. Le regole attuali non stabiliscono ancora requisiti chiari e robusti per garantire la sicurezza di queste soluzioni a lungo termine.
Mancano parte delle regole su trasparenza e governance
Nonostante siano stati fissati degli standard per le metodologie, le baselines (i livelli di riferimento delle emissioni) e i meccanismi di monitoraggio, molte decisioni operative sono state rimandate al Supervisory Body, che inizierà a lavorare solo nel 2025.
Questo organismo sarà composto da esperti scientifici e dovrà includere anche il contributo delle comunità locali, in modo da garantire una governance inclusiva e basata su dati scientifici accurati.
L’accordo stabilisce che le baselines dei progetti devono essere ridotte verso il basso per evitare l’emissione eccessiva di crediti. Viene anche sottolineato che occorre sviluppare linee guida più dettagliate per la gestione dei rischi di inversione (quando una riduzione delle emissioni viene annullata nel tempo), del monitoraggio post-crediting (sulle emissioni dopo che il credito è stato emesso) e delle misure di mitigazione per assicurare che i crediti emessi siano di alta qualità.
Ancora molto lavoro per gli approcci non di mercato (articolo 6.8)
Nonostante la creazione di una piattaforma per registrare gli Approcci Non di Mercato (NMA) e l’aumento dei focal point nazionali, la registrazione di NMA non ha ancora avuto luogo. I paesi in via di sviluppo hanno sollevato la richiesta di un’analisi quantitativa per comprendere come gli NMA possano realmente supportare l’implementazione degli NDC (Nationally Determined Contributions), ovvero gli impegni di riduzione delle emissioni stabiliti da ciascun paese.
Quali sono i prossimi passi? Tra2025 e 2026 i negoziati proveranno a definire completamente l’articolo 6.8, dando priorità a miglioramenti nella piattaforma e un maggiore coinvolgimento degli stakeholder.