Finora sono state mappate diverse aree di Toscana, Lazio e Sardegna. Secondo lo strumento messo a punto dall’ENEA, a fine secolo le aree più in pericolo sono zone umide, le aree di retrospiaggia e retroduna e alcune infrastrutture marittime
Un nuovo servizio migliora le conoscenze sul rischio inondazione in Italia
(Rinnovabili.it) – Quanto è alto il rischio inondazione per i litorali italiani? Quali sono le aree più in pericolo a causa dell’aumento del livello dei mari e su cui bisogna intervenire prima? A questa domanda risponde un nuovo servizio climatico messo a punto dall’ENEA, che fornisce una fotografia aggiornatissima e precisa dell’esposizione delle coste dello Stivale alla possibilità di allagamenti causati dal cambiamento climatico.
Mappare le coste italiane
Uno strumento necessario, sottolineano i suoi ideatori, visto che i modelli e le mappe elaborati dall’IPCC nei suoi rapporti non sono abbastanza dettagliati a livello locale. “Nelle proiezioni di aumento del livello del mare dell’IPCC mancano i dettagli regionali che sono fondamentali per lo studio di un’area così ‘speciale’ come quella del Mediterraneo”, evidenzia Roberto Iacono, del Laboratorio ENEA di Modellistica climatica.
Il servizio si basa su tre passaggi. Il primo individua le aree costiere che saranno più vulnerabili al rischio inondazione nei prossimi decenni. Come? Attraverso l’analisi dei modelli digitali del terreno disponibili su alcune piattaforme sia nazionali che europee, che riportano anche i movimenti verticali della superficie terrestre.
Il secondo passaggio consiste in una stima dei beni esposti a rischio inondazione che si trovano nelle aree individuate. “Grazie alla disponibilità di Modelli Digitali Terrestri (DTM) del periodo 2008-2012 con dati ad altissima risoluzione per quasi tutto il territorio nazionale (da 5x5m fino a 1x1m), siamo in grado di effettuare analisi preliminari su vaste porzioni di territorio, in tempi relativamente brevi”, spiegano Gaia Righini e Lorenzo Moretti della Divisione ENEA di Modelli e tecnologie per la riduzione degli impatti antropici e dei rischi naturali.
Infine, il terzo passaggio consiste nei rilievi sul campo. Necessario per migliorare la qualità delle mappe ottenendo categorie di dati non disponibili altrimenti, come tettonica, subsidenza, carico e compattazione dei sedimenti litosferici, aggiustamento glaciale e variazioni delle falde acquifere conseguenti allo sfruttamento delle risorse idriche.
Le aree più a rischio inondazione in Italia
“I risultati dei nostri studi hanno dimostrato che entro la fine del secolo, i beni maggiormente esposti al rischio di inondazione sono le zone umide, le aree di retrospiaggia e retroduna e alcune infrastrutture marittime”, sottolinea Sergio Cappucci del Laboratorio ENEA di Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico.
“Per ciò che riguarda le zone umide e le aree di retrospiaggia – aggiunge – il rischio di inondazione rispetto all’attuale livello medio del mare è dovuto alla bassa quota e alla subsidenza, mentre per le infrastrutture costiere come porti, opere di difesa, moli, casse di colmata, la causa sembra riconducibile al naturale affondamento sul fondo marino”.
Finora sono completate le mappe di Follonica-Piombino e Marina Di Campo in Toscana, Fertilia-Alghero in Sardegna e Parco Nazionale del Circeo (Latina-Sabaudia) nel Lazio, mentre sono in via di definizione quelle dei litorali della Spezia, Roma, Napoli, Brindisi, Taranto e Cagliari.