Con 1,1 gradi di riscaldamento globale bruciamo già 311 mld di dollari
(Rinnovabili.it) – Il clima troppo caldo o troppo umido costa già oggi, ogni anno, 311 mld di dollari in giornate di lavoro perse. Una cifra che è destinata a crescere di oltre 5 volte, fino a 1.600 mld, con un pianeta 3°C più caldo. Cioè l’orizzonte verso cui ci stanno portando le politiche climatiche attuali, che secondo i calcoli di Climate Action Tracker disegnano una forchetta tra +2,5 e +2,9 gradi di riscaldamento globale.
Lo calcola uno studio della Duke University di Durham apparso su Nature Communications. Da cui si ricava che le strategie di adattamento attuali sono completamente inadeguate di fronte ad uno scenario del genere.
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Per far fronte al cambiamento climatico, l’adattamento su cui si punta di più è lo slittamento dell’orario di lavoro verso ore meno calde. In questo modo si prova a salvare il monte ore totale, e quindi stipendi e Pil. Una misura che riguarda prima di tutto chi svolge dei lavori all’aperto e mansioni manuali. Con gli attuali 1,1°C di riscaldamento globale, si stima che circa il 30% delle perdite globali di lavoro pesante nella giornata lavorativa potrebbe essere recuperato usando questo escamotage.
Tuttavia, “questo particolare potenziale di adattamento dei turni di lavoro si perde ad un tasso di circa il 2% per ogni grado di riscaldamento globale quando l’esposizione al calore del primo mattino sale a livelli non sicuri per il lavoro continuo, con perdite di produttività dei lavoratori che accelerano a livelli di riscaldamento più alti”, si legge nello studio. Anche all’alba i termometri segneranno temperature proibitive, che mettono a rischio la salute dei lavoratori.
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Oggi i paesi più a rischio sono quelli del Golfo. Qatar e Bahrein, in particolare, hanno il maggior numero di ore di lavoro perse a causa del calore diurno eccessivo. Ovviamente saranno proprio questi i paesi a subire perdite maggiori con l’aumento del riscaldamento globale. Ma se ne aggiungeranno altri. In futuro, calcola lo studio, “India, Cina, Pakistan e Indonesia sperimenteranno le più grandi perdite di lavoro” a parità di popolazione, così come “gli impatti di produttività economica associati” maggiori. E questo nonostante “abbiano perdite pro-capite medie nazionali più basse di altri paesi con popolazioni più piccole, nel Sud-Est asiatico e nell’Africa tropicale”.