I modelli di valutazione integrata economia-clima giudicano conveniente arrivare a +3°C di riscaldamento globale
(Rinnovabili.it) – Gli strumenti con cui valutiamo i costi ambientali e che danno forma a molte delle politiche attuali sul riscaldamento globale sono mal calibrati. Chi ha costruiti ha fatto male i conti, sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Nature Sustainability. Secondo gli autori, i modelli integrati di valutazione che combinano fattori economici e del clima (IAMs, integrated assessment models) sottostimerebbero di 5 volte i costi dei danni climatici sugli ecosistemi.
Da tempo questi modelli sono sotto i riflettori. Molti critici sostengono che più che integrare le due dimensioni – clima ed economia – gli IAMs non riflettano in modo adeguato la prima e diano priorità alla ragion economica. L’impatto di questi strumenti è potenzialmente molto vasto. Possono essere usati per stabilire quale percorso di riduzione delle emissioni è più conveniente dal punto di vista economico, ad esempio. Di fatto, possono determinare nel profondo le politiche nazionali e dettare il ritmo della transizione energetica.
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Tra gli IAMs più famosi c’è il modello DICE (Dynamic-Integrated Climate-Economy Model), grazie al quale il suo inventore, William Nordhaus, si è aggiudicato il Nobel per l’economia. Stando al DICE, il percorso di abbattimento della CO2 più conveniente economicamente porta a un riscaldamento globale di 3°C al 2100. Una soglia che, secondo l’IPCC e la maggior parte degli scienziati del clima, comporterebbe sconvolgimenti profondi in termini di perdita di biodiversità e cambiamenti degli ecosistemi.
I ricercatori dell’Università della California hanno dimostrato che il DICE, e i modelli simili più in generale, danno risultati ben diversi se li si integra in modo che tengano anche conto del capitale naturale, cioè dei costi originati da disastri naturali, eventi climatici estremi e degrado degli ecosistemi. Nella versione che hanno messo a punto e ribattezzato ‘GreenDICE’, il percorso di abbattimento delle emissioni che produce il miglior risultato per l’economia globale è quello che limita il riscaldamento globale a 1,5°C, l’obiettivo più ambizioso incorporato nell’accordo di Parigi sul clima. Che è anche il percorso su cui converge il consenso scientifico, incastonato nei rapporti dell’IPCC, il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’ONU.
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