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Cosa cambia per il riscaldamento globale se le piante “sudano” di più?

L’analisi di 200 specie di piante individua un nuovo canale per cui avviene la dispersione idrica dalle foglie e ricalcola i limiti di temperatura che incidono sulla respirazione cellulare. Oltre i 40°C la fotosintesi crolla, ma già a 30 gradi le piante diventano fonti nette di CO2

Riscaldamento globale: le piante “sudano” più del previsto
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Con il riscaldamento globale le piante “sudano” più del previsto, ma senza catturare più anidride carbonica. Perché oltre alla normale respirazione cellulare, dove c’è rilascio di vapore acqueo e ossigeno e assorbimento di CO2, le temperature elevate agiscono per un’altra via. Quella della cuticola fogliare.

Finora si pensava che le piante perdessero la maggior parte dell’acqua attraverso gli stomi, che si chiudono in caso di calore estremo per conservare l’acqua. “Ma la nostra ricerca ha scoperto che con l’aumento delle temperature, le piante perdono acqua attraverso la cuticola, lo strato ceroso sulle foglie, che non può chiudersi, più che attraverso i pori. Più sottile è la cuticola, maggiore è la perdita d’acqua”, spiega Sean Michaletz dell’università del British Columbia, co-autore di uno studio pubblicato sulla rivista New Phytologist.

Riscaldamento globale, calcolati nuovi “limiti” per le piante

Come rispondono le piante al caldo eccessivo? Chiudono gli stomi, cioè “vanno in apnea”. Interrompono la comunicazione – la respirazione – con l’esterno per limitare la perdita di acqua.

In realtà, spiega lo studio dell’ateneo canadese, non riescono a sigillare del tutto le foglie: resta sempre aperto un passaggio, quello della cuticola, che non può chiudersi del tutto. Ed è proprio questo percorso che diventa il canale principale di dispersione idrica.

Per avere un’idea delle quantità, una foglia media esposta a temperature di 50°C può perdere circa un terzo di un cucchiaino d’acqua al giorno attraverso la cuticola.

Nello studio, gli autori riportano i risultati dell’analisi condotta su 200 specie di piante. E individuano dei “limiti notevoli” di temperatura.

La fotosintesi si riduce drasticamente quando le temperature superano i 40°C, limitando la capacità delle piante di catturare CO2. Il calo della capacità di respirazione cellulare delle piante è particolarmente chiaro nell’intervallo tra 40 e 51°C. Il limite massimo di sopravvivenza vegetale è stimato a 60°C, oltre il quale le proteine cellulari si degradano irreversibilmente.

Ma per innescare un meccanismo di rinforzo del riscaldamento globale bastano temperature più basse. Le piante, spiega lo studio, possono diventare fonti nette di CO2 già a 30°C. Possono, cioè, emettere più CO2 di quanta ne riescono ad assorbire.  

Per questo, lo studio suggerisce che le attuali proiezioni sul riscaldamento globale realizzate con modelli predittivi potrebbero sottostimare l’impatto delle alte temperature sulla vegetazione del Pianeta. Il passaggio delle piante da pozzi di carbonio (carbon sink) a fonti di emissione potrebbe verificarsi prima del previsto.

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