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L’IPCC sbaglia sul riscaldamento globale perché non capisce gli aerosol

In un white paper, lo scienziato del clima James Hansen sostiene che i dati sul clima degli ultimi 2 anni confermano la sua tesi: è il calo degli aerosol a causare i record di riscaldamento globale attuali, quindi i modelli climatici che usiamo sono sballati (e troppo ottimisti)

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Foto di Joe Green su Unsplash

Tra 2010 e 2023 il riscaldamento globale è cresciuto il 67% più rapidamente rispetto ai 40 anni precedenti

(Rinnovabili.it) – Le anomalie di riscaldamento globale degli ultimi 2 anni non sono anomalie ma la conferma che la temperatura della Terra sta aumentando in modo accelerato. Tra 2010 e 2023 il global warming è aumentato di 0,3°C per decennio, il 67% più veloce rispetto agli 0,18°C per decade del periodo 1970-2010. E dietro questa accelerazione non ci possono essere altri fattori se non la diminuzione della concentrazione di aerosol in atmosfera, dovuta al minor inquinamento antropico.

Lo afferma il white paper Global Warming Acceleration: Hope vs Hopium pubblicato dallo scienziato del clima James Hansen, uno dei pionieri dello studio del riscaldamento globale. Hansen di recente ha pubblicato diversi studi che sostengono che la crisi climatica sta accelerando e che i nostri modelli previsionali non riescono a cogliere appieno ciò che sta succedendo al sistema climatico del Pianeta.

Alimentando un dibattito dove a questa posizione – spesso bollata come “catastrofista” – si contrappone quella di chi, come Michael Mann, sostiene invece che quelle che vediamo oggi sono davvero anomalie e che la nostra comprensione attuale del clima terrestre è piuttosto accurata.

Gli aerosol e il riscaldamento globale “in cantiere”

Hansen sostiene che stiamo vivendo a credito. I dati della concentrazione di CO2 in atmosfera e del bilancio energetico del Pianeta (la quantità di radiazione solare incamerata dalla Terra) suggerirebbero che c’è una quota di riscaldamento globale “dormiente” (“in cantiere”, come recita il titolo di un suo studio) che sta pian piano manifestando i suoi effetti ma che non possiamo più evitare in alcun modo. Saremmo quindi condannati a sforare 1,5°C già tra il 2027 e il 2028.

E ciò che possiamo fare è puntare in modo massiccio su tecnologie di cattura diretta di CO2 dall’aria (CDR, carbon dioxide removal), soluzioni di geoingegneria per schermare parte della radiazione solare (SRM, solar radiation management) e abbinare rinnovabili e nucleare per la decarbonizzazione del mix energetico globale.

Il white paper prende i dati degli ultimi 2 anni e sostiene che confermino le previsioni dei suoi studi passati. “Le prove accumulate supportano l’interpretazione del nostro studio: la diminuzione degli aerosol prodotti dall’uomo ha aumentato lo squilibrio energetico della Terra e accelerato il riscaldamento globale negli ultimi dieci anni”, scrive Hansen.

Il nodo degli aerosol è centrale. Hansen sostiene che, per come sono costruiti, i modelli previsionali climatici non riescono a dare conto di questo fattore in modo indipendente. Ma che il balzo del riscaldamento globale nel 2023 e in questi primi mesi del 2024 si può spiegare solo con questo fattore. Gli aerosol hanno un effetto raffrescante perché riflettono nello spazio parte della radiazione solare ma sono difficili da misurare in modo diretto, anche perché interagiscono con la copertura nuvolosa che ha un’alta variabilità naturale. Ma quant’è allora il loro effetto sul clima terrestre?

Secondo l’IPCC, togliere gli aerosol significa aumentare il bilancio energetico terrestre di 0,079 W/m2, ma per Hansen i dati degli ultimi anni – dopo l’entrata in vigore delle nuove regole per le emissioni delle navi, uno dei maggiori emettitori di aerosol – puntano verso valori 10 volte più alti, almeno 0,7 W/m2. Di conseguenza, mentre l’IPCC ritiene che un raddoppio della CO2 in atmosfera rispetto al periodo pre-industriale porti a un global warming di 3°C, il vero valore dovrebbe essere intorno ai 4,8°C. La concentrazione di CO2 di riferimento è 275 parti per milione, oggi siamo a circa 420.

“Il tempo stringe per rendere il pubblico e i politici consapevoli della minaccia rappresentata dalla risposta ritardata del nostro sistema climatico e delle azioni che dovrebbero sostituire l’attuale wishful thinking, scrive Hansen. “E’ realistico sperare che potremo migliorare notevolmente la comprensione in questo decennio, un periodo che dovrebbe essere sufficientemente lungo per mettere in luce l’inutilità delle politiche attuali, nonché per verificare la fisica del cambiamento climatico in corso”.

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About Author / Lorenzo Marinone

Scrive per Rinnovabili dal 2016 ed è responsabile della sezione Clima & Ambiente. Si occupa in particolare di politiche per la transizione ecologica a livello nazionale, europeo e internazionale e di scienza del clima. Segue anche i temi legati allo sviluppo della mobilità sostenibile. In precedenza si è occupato di questi temi anche per altri siti online e riviste italiane.