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Riscaldamento globale, nel 2100 avremo estati bollenti di 6 mesi

Tra le aree dove il cambiamento si farà più sentire c’è anche il bacino del Mediterraneo, insieme all’altopiano del Tibet

Riscaldamento globale: estati lunghe 6 mesi nel 2100
Foto di Bessi da Pixabay

Uno studio analizza l’impatto del riscaldamento globale sulla stagionalità

(Rinnovabili.it) – Senza azioni di mitigazione del riscaldamento globale, entro la fine del secolo avremo estati che durano 6 mesi l’anno. Il cambiamento climatico ha infatti un impatto significativo sia sulle date di inizio delle stagioni, sia sulla loro durata. E questa prospettiva si può concretizzare anche in uno scenario ‘business as usual’, cioè nel caso le politiche climatiche restino più o meno le stesse e le emissioni non calino significativamente.

Lo sostiene una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, che si è basata sulle serie storiche di dati relativi alla durata delle stagioni tra il 1952 e il 2011. Come inizio dell’estate, il team di ricercatori ha preso come valore di riferimento quello più basso del quartile più caldo della serie. Parimenti, la temperatura di inizio inverno è stata scelta prendendo la più alta tra il 25% delle temperature più fredde.

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Il nuovo studio ha rilevato che, in media, l’estate è passata da 78 a 95 giorni tra il 1952 e il 2011, mentre l’inverno si è ridotto da 76 a 73 giorni. Anche la primavera e l’autunno si sono contratti rispettivamente da 124 a 115 giorni e da 87 a 82 giorni. Di conseguenza, la primavera e l’estate sono iniziate prima, mentre l’autunno e l’inverno sono iniziati più tardi.

Usando dei modelli predittivi del cambiamento climatico, i ricercatori hanno proiettato questi slittamenti a fine secolo, utilizzando lo scenario intermedio BaU. Il risultato? Al 2100, l’andamento del riscaldamento globale sarà tale da restringere gli inverni boreali a meno di due mesi, con primavera e autunno che a loro volta si accorciano. Il tutto corrisponde a un’espansione della stagione estiva. Tra le aree dove questa variazione sarà più significativa, il bacino del Mediterraneo e l’altopiano del Tibet.

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Lo studio individua anche alcuni fattori critici per l’uomo. I cambiamenti stagionali possono provocare danni all’agricoltura, specialmente quando false primavere o tempeste di neve tardive danneggiano le piante in fase di gemmazione. Con primavere più lunghe, gli umani respireranno più pollini, causa di allergia. E queste condizioni favoriranno anche un’espansione verso nord dell’areale delle zanzare portatrici di malattie.