Le previsioni su cui si basa la scienza del clima, Ipcc compreso, sottostimano la velocità del riscaldamento dell’Artico
(Rinnovabili.it) – Il ghiaccio artico si scioglierà prima di quando prevedono i modelli climatici. Perché le correnti di acqua calda atlantica che entrano nell’oceano Artico dallo stretto di Fram, tra Groenlandia e le Svalbard, in realtà hanno temperature superiori a quelle previste. E anche volumi superiori a quelli stimati dai modelli per prevedere l’evoluzione del clima al Polo Nord. Insomma, questi modelli – su cui si basa l’intera scienza del clima, scenari Ipcc inclusi – è troppo ottimista sul riscaldamento dell’Artico.
A dirlo è uno studio condotto dall’università di Göteborg, in Svezia, che usa un approccio piuttosto semplice: verificare la correttezza degli assunti usati dai modelli climatici previsionali confrontandoli con i dati ricavati dall’osservazione diretta sul campo.
Artico bollente
La regione artica, ovvero quella che si estende oltre i 66° di latitudine Nord per oltre 16 mln km2 (quasi quanto l’intera Russia), è una frontiera della crisi climatica. Il riscaldamento dell’Artico corre molto più veloce della media globale, amplificando gli effetti e generando impatti a cascata sul resto del Pianeta.
Rispetto alla media globale, pari a +0,32°C per decennio, il riscaldamento dell’Artico è di 0,86°C ogni 10 anni. Secondo uno studio dell’Istituto Meteorologico Norvegese del 2022, i dati rilevati tra la Terra di Francesco Giuseppe – russa – e l’arcipelago delle Svalbard – sotto sovranità norvegese – hanno ritmi di riscaldamento anche più elevati. Nelle isole norvegesi si va da +1,47°C a +2,71 gradi ogni decennio. Nelle isole sotto controllo russo, invece, lo studio rileva un riscaldamento di +2,17°C.
Rifare i conti sul riscaldamento dell’Artico
Dati empirici che hanno riscritto la curva del riscaldamento dell’Artico, un’impennata 7 volte più ripida rispetto al resto del Pianeta. Ed è proprio sul cercare una spiegazione della discrepanza tra dati reali e previsioni che si concentra lo studio dell’università svedese.
“La perdita di ghiaccio marino artico è diventata un simbolo del cambiamento climatico in atto, ma i modelli climatici faticano ancora a riprodurla con precisione, per non parlare di prevederla”, scrivono gli autori. “Uno dei motivi è il ruolo sempre più chiaro dell’oceano, in particolare dello “strato atlantico”, nei processi di formazione del ghiaccio marino”.
Confrontando i dati reali con quelli previsti da 14 modelli che compongono il CMIP6, il modello previsionale più avanzato oggi a disposizione, le acque provenienti dall’Atlantico verso l’Artico sono stimate in media di 0,4°C più fredde di quanto non siano in realtà. E questo strato è collocato 400 m più in profondità di dove si trova realmente. Al contrario, i modelli esagerano le temperature delle acque profonde di circa 1,1°C.
La risultante? “Questi modelli climatici sottovalutano le conseguenze del cambiamento climatico. In realtà, le acque relativamente calde delle regioni artiche sono ancora più calde e più vicine al ghiaccio marino. Di conseguenza, riteniamo che il ghiaccio marino artico si scioglierà più rapidamente di quanto previsto”, spiega Céline Heuzé, climatologa dell’Università di Göteborg e autrice principale dello studio pubblicato su Journal of Climate.