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Bastano 1,5°C per far scattare i primi punti di non ritorno del clima

Con un aumento di altri 3 decimi di grado, inizierà lo scioglimento irreversibile di Groenlandia e Antartide occidentale, il collasso delle barriere coralline e la scomparsa del permafrost artico

Punti di non ritorno del clima: anche gli 1,5°C non ci mettono al sicuro
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Per la 1° volta, uno studio stima quali livelli di riscaldamento globale fanno scattare i tipping points

(Rinnovabili.it) – “Speriamo di esserci sbagliati”, dice uno degli autori. Il suo studio afferma che con pochi decimi di riscaldamento globale in più faremo scattare 4 grandi punti di non ritorno del clima. Con un aumento delle temperature globali di altri pochi decimi, il mondo supererà altri 4 tipping point. Non è uno scenario estremo: per evitare i valori di global warming indicati dalla ricerca, pubblicata oggi su Science, dovremmo imboccare il percorso emissivo più virtuoso delineato dall’ultimo rapporto dell’IPCC. E sperare ancora in un pizzico di fortuna.

Datare i tipping point

Nello studio Exceeding 1.5°C global warming could trigger multiple climate tipping points, gli autori hanno tentato un’operazione inedita: associare una soglia di riscaldamento globale ai singoli tipping point.

Di cosa stiamo parlando? I punti di non ritorno climatici sono delle soglie particolari sulla strada del global warming. Si tratta di fenomeni che, una volta messi in moto dall’aumento delle temperature, sono irreversibili e producono sconvolgimenti nel clima e negli ecosistemi del pianeta. In alcuni casi questi effetti possono essere visibili in poco tempo. In altri, invece, il superamento dei tipping point si mostra appieno nell’arco di secoli. Ma lascia comunque un’impronta indelebile sulla Terra. E costringe l’uomo a adattarsi.

La prima soglia: 1,5°C

Quando possono scattare i primi punti di non ritorno del clima? Secondo gli autori, 10 scienziati dello Stockholm Resilience Centre, dell’università di Exeter e del Potsdam Institute for Climate Impact Research, tra pochissimo: quando il mondo raggiungerà gli 1,5 gradi di riscaldamento rispetto al periodo pre-industriale. Nel 2021 il global warming è arrivato a 1,2°C. Con le politiche attuali su clima ed energia, la traiettoria ci porta dritti verso un mondo 2,7 gradi più caldo entro la fine di questo secolo.

Anche l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi – che, peraltro, oggi viene di nuovo rimesso in discussione in sede di G20 – non ci mette al riparo da effetti pesanti del climate change. I tipping points che possono scattare oltre quella temperatura, infatti, sono il collasso (lento, ma irreversibile) della calotta ghiacciata della Groenlandia e dello scudo occidentale antartico, la decimazione delle barriere coralline, e lo scioglimento del permafrost artico con conseguente rilascio dello stock di gas serra lì intrappolati.

Processi che avranno un impatto sensibile. Lo scioglimento già inevitabile oggi del ghiaccio della Groenlandia farà alzare i mari di 27 cm, se scomparisse il ghiacciaio più instabile dell’Antartide occidentale (Thwaites) le acque salirebbero anche di 3 metri in tutto il mondo. Dalle barriere coralline dipende la vita di circa ¼ delle specie ittiche, la scomparsa del permafrost potrebbe liberare anche più di 400 Gt di CO2 entro il 2100, ma lo stock totale è pari al doppio dell’anidride carbonica che è oggi in atmosfera.

Gli altri punti di non ritorno del clima

Se la temperatura continuerà a salire, altri tipping point potranno essere innescati. E che la temperatura salirà oltre gli 1,5 gradi è quasi certo. Stando agli scenari emissivi dell’IPCC, infatti, il cosiddetto overshoot – il superamento momentaneo degli 1,5°C – è molto difficile da evitare. Nel caso migliore arriveremo a 1,6°C ma resta molto probabile anche uno sforamento fino a 1,8°C per diversi decenni.

Con questo livello di riscaldamento globale scattano altri tipping point. Secondo lo studio, si tratta del collasso della foresta amazzonica, dello scioglimento del Polo Nord, e del rallentamento della circolazione oceanica attorno al Polo Nord che manifesterebbe i suoi effetti soprattutto sul clima dell’Europa.