Un rapporto di Climate Action Tracker – l’organizzazione che monitora gli obiettivi di riduzione delle emissioni a livello globale e li valuta rispetto al target di 1,5°C – fissa i paletti per calibrare al meglio il prossimo ciclo di Contributi Nazionali Volontari, i piani al 2035 che gli stati devono presentare entro l’anno prossimo
Oggi, i piani nazionali sul clima ci mettono su una traiettoria verso +2,5°C
I nuovi piani nazionali sul clima da presentare entro il 2025 devono essere “ambiziosi, equi, credibili e trasparenti”. Altrimenti andremo con ogni probabilità verso lo sforamento della soglia di 1,5 gradi, senza la possibilità di rientrare sotto questo limite per decenni. La prossima tornata di Contributi Nazionali Volontari (NDC), gli obiettivi decennali che vengono presentati all’Unfccc, devono aumentare “in modo sostanziale” il livello di ambizione per rispettare il Paris Agreement. Lo sottolinea Climate Action Tracker in un rapporto pubblicato di recente.
“Se si vuole che il mondo abbia una possibilità significativa di limitare il riscaldamento a 1,5°C, i governi devono passare alla modalità di emergenza” e “rivedere sia i loro obiettivi per il 2030 che le politiche attuali”. L’analisi di CAT riscontra due problemi preliminari: i vecchi NDC con orizzonte al 2030 sono troppo deboli, e la loro attuazione carente. I nuovi piani nazionali sul clima, quindi, devono innanzitutto chiudere il gap di ambizione ereditato dal ciclo precedente, per poi focalizzarsi su cosa serve entro il 2035.
Quattro paletti per i nuovi piani nazionali sul clima al 2035
Come? A livello procedurale, la Cop30, che si terrà il prossimo anno in Brasile, dovrà essere un momento collettivo di verifica sull’adeguatezza dei piani. Basato su quanto emerso dalla Global Stocktake condotta nel 2023 a Dubai, quando si è fatto il punto sullo stato globale dei progressi per rispettare l’Accordo di Parigi. Tra le priorità, sottolinea CAT, c’è la definizione nei piani nazionali sul clima di obiettivi e strategie di transizione specifici per i diversi settori.
Poi c’è il capitolo finanza. Senza le risorse necessarie, i paesi più vulnerabili e con le economie più deboli non riusciranno ad adattarsi al cambiamento climatico. La finanza climatica è un tassello importante per riuscire a centrare l’obiettivo collettivo degli 1,5°C e deve essere “aumentata significativamente”.
Per essere credibili, i piani nazionali sul clima devono prevedere percorsi di riduzione delle emissioni per tutti i settori economici e affrontare il nodo delle politiche contraddittorie, a partire dalla produzione di fossili e dai sussidi a petrolio e gas. Ma serve anche uno sforzo di trasparenza proprio là dove, finora, gli NDC sono rimasti più vaghi. Invece fare troppo affidamento sulle rimozioni – naturali o artificiali – di CO2, i paesi dovrebbero stabilire obiettivi di riduzione delle emissioni “assoluti”, includendo “tutti i gas serra”, e specificando i livelli di emissioni da raggiungere ogni anno così da impedire una “contabilità creativa”.