Il rapporto “2024 State of the Climate” segnala un peggioramento: gli indicatori da allarme rosso nel 2023 erano 20. Identificati 28 cicli di feedback che possono provocare crisi multiple concomitanti. Osservata speciale la fusione del permafrost
Più del 70% dei principali indicatori della crisi climatica è da allarme rosso. Con un netto peggioramento rispetto all’anno scorso. Una situazione che mette in pericolo “gran parte del tessuto stesso della vita sul nostro Pianeta” e ci sta traghettando verso una fase “critica e imprevedibile”. Dei 35 parametri vitali della Terra, ben 25 registrano ormai record estremi. Nel 2023 erano 20. Lo afferma il rapporto 2024 State of the Climate curato da William Ripple della Oregon State University.
Lo studio prende come riferimento alcuni indicatori chiave come temperatura dell’aria e degli oceani, concentrazione di gas serra in atmosfera, ma anche fattori come la produzione di carne pro capite, il numero di giorni con caldo estremo, la frequenza dei disastri climatici. Scegliendoli in modo da scattare una fotografia il più possibile ampia ed accurata dello stato di salute del Pianeta.
Il messaggio del rapporto è che, mentre siamo sull’orlo di uno sconvolgimento climatico “irreversibile”, in realtà ci troviamo già in una situazione senza precedenti nella intera storia dell’uomo. “Il superamento ecologico, ovvero il prendere più di quanto la Terra possa generare in sicurezza, ha spinto il Pianeta verso condizioni climatiche più minacciose di qualsiasi cosa abbiano mai visto persino i nostri parenti preistorici”, sottolinea Ripple.
Cosa ci dicono i parametri vitali della Terra?
Uno degli aspetti su cui gli autori del rapporto puntano l’attenzione è la possibilità che più fattori concomitanti si intreccino e generino crisi globali di portata e complessità superiore. Uno dei meccanismi alla base di questa possibilità è l’innesco di feedback nel sistema climatico del Pianeta. Che a loro volta possono innescare dei punti di non ritorno.
Il rapporto identifica 28 di questi feedback, che possono amplificare l’impatto della crisi climatica. E sottolinea la loro pericolosità: non sono ancora integrati nei modelli climatici predittivi e di conseguenza potremmo sottostimarli. A preoccupare è soprattutto il ciclo di feedback del permafrost, che comporta l’aumento delle temperature che causa lo scioglimento del terreno ghiacciato alle latitudini estreme, che a sua volta porta a più emissioni di CO2 e metano.
Tra i parametri vitali della Terra a livelli estremi, il rapporto segnala:
- temperature e livelli del mare da record nel 2023,
- emissioni annuali legate all’energia che superano i 40 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente per la prima volta nella storia,
- concentrazioni atmosferiche di gas serra senza precedenti,
- acidità e contenuto di calore degli oceani mai così elevati,
- la massa di ghiaccio della Groenlandia, la massa di ghiaccio dell’Antartide e lo spessore medio dei ghiacciai sono ai minimi storici.
Ci sono poi altri fattori preoccupanti per la stabilità del sistema climatico terrestre, tra cui:
- frequenza crescente di disastri climatici che causano danni nell’ordine di miliardi di dollari,
- tasso di aumento della popolazione umana (oggi a circa 200mila nuovi nati ogni giorno),
- aumento del numero di ruminanti (che generano gas serra e sono allevati con metodi ad alta intensità energetica), di circa 170mila unità al giorno
- perdita annuale di copertura arborea a livello globale, in aumento da 22,8 a 28,3 milioni di ettari nel 2023 nel giro di 1 anno.
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