Oggi si tende a presentare gli scenari che prevedono uno sforamento temporaneo di 1,5°C come equivalenti a quelli che restano sotto la soglia. Non è così: si innescherebbero comunque delle conseguenze “irreversibili”. E potremmo non poter fare affidamento sulle soluzioni tecnologiche come la rimozione della CO2
Sforare il limite di 1,5 gradi di riscaldamento globale, anche solo per alcuni decenni, non è la stessa cosa che rispettare questa soglia. L’overshoot climatico porterebbe comunque a delle “conseguenze irreversibili” per il Pianeta. Ciò non è importante solo per capire l’andamento del sistema climatico terrestre nel lungo periodo, ma anche, e soprattutto, per calibrare al meglio le politiche di adattamento e mitigazione attuali.
Lo sostiene uno studio pubblicato ieri su Nature e condotto da oltre 3 anni da circa 30 scienziati del clima. L’obiettivo è puntare il dito contro quella che viene definita “fiducia eccessiva” negli scenari climatici che prevedono uno sforamento temporaneo di 1,5 gradi. Scenari di cui l’ultimo rapporto dell’IPCC parla estesamente e che appaiono sempre più inevitabili. Per evitare qualsiasi overshoot climatico, infatti, le emissioni globali di gas serra dovrebbero dimezzarsi entro il 2030. Ma oggi sono ancora in crescita.
I rischi dell’overshoot climatico
Lo studio si concentra sia sui rischi a breve termine sia sulle conseguenze più di lungo periodo di uno sforamento, per quanto limitato (restando comunque sotto i 2°C) e temporaneo (della durata di pochi decenni). “Per la maggior parte degli indicatori climatici, ci sono conseguenze irreversibili dovute al superamento temporaneo” di 1,5 gradi, sintetizza Carl-Friedrich Schleussner dell’International Institute of Applied Systems Analysis, primo autore dello studio. Anche rientrando sotto 1,5 gradi, quindi, avremmo innescato dei processi che non si potrebbero arrestare. Lo studio cita:
- cambiamenti nell’oceano profondo,
- cambiamenti nella biogeochimica marina,
- cambiamenti nell’abbondanza di specie,
- cambiamenti nei biomi terrestri, soprattutto negli stock di carbonio e nelle rese delle colture,
- cambiamenti nella biodiversità sulla terraferma.
L’overshoot climatico, nota poi lo studio, aumenterebbe anche “la probabilità di innescare potenziali tipping point del sistema terrestre. I livelli del mare continueranno a salire per secoli o millenni anche se le temperature a lungo termine diminuiranno”.
Il nodo della rimozione della CO2
L’altro aspetto problematico degli scenari climatici che prevedono uno sforamento temporaneo è, appunto, che sia solo temporaneo. Per rientrare sotto 1,5°C tutti questi percorsi emissivi prevedono il ricorso, via via più massiccio, alla tecnologia di rimozione della CO2 direttamente dall’atmosfera (Carbon Dioxide Removal, CDR).
Ma l’overshoot pone due questioni in merito. La prima riguarda la scalabilità effettiva della CDR. Oggi la capacità di rimozione è di 2 milioni di tonnellate l’anno, un’inezia rispetto a ciò che servirà per riportare la temperatura giù di alcuni decimi di grado. Per “cancellare” 0,1°C di temperatura globale servirebbe una capacità di 220 miliardi di tonnellate (Gt) l’anno. Per cancellare mezzo grado ne servirebbero più di 1.000.
La seconda questione riguarda i tipping point: il loro innesco in uno scenario con overshoot implica il possibile rilascio accelerato e più massiccio di gas serra. Che dovrebbero essere neutralizzati con ulteriore capacità CDR.
“Considerazioni tecniche, economiche e di sostenibilità possono limitare la realizzazione dell’implementazione della rimozione dell’anidride carbonica a tali scale”, nota lo studio. “Pertanto, non possiamo essere certi che il calo della temperatura dopo il superamento sia realizzabile entro i tempi previsti oggi. Solo rapide riduzioni delle emissioni a breve termine sono efficaci nel ridurre i rischi climatici”.