Lo studio della Noaa indaga per la 1° volta l’esistenza di ondate di calore marino sui fondali
(Rinnovabili.it) – Grazie agli ultimi 10 anni di ricerche iniziamo a conoscere abbastanza bene le ondate di calore marino che riscaldano l’acqua in superficie con conseguenze su clima, biodiversità ed economia. Ad esempio sappiamo che sono aumentate del 50% nell’ultimo decennio. Ma sappiamo molto poco di quello che succede a profondità maggiori. A colmare in parte questo vuoto è uno studio condotto dalla Noaa, la National Ocean and Atmosphere Administration degli Stati Uniti, che ha indagato per la prima volta in assoluto l’esistenza e l’impatto di ondate di calore marino sui fondali degli oceani.
“Negli ultimi anni, gli scienziati hanno aumentato gli sforzi per studiare le ondate di calore marino in tutta la colonna d’acqua, utilizzando i limitati dati disponibili”, scrivono gli autori. “Ma le ricerche precedenti non hanno preso in considerazione gli estremi di temperatura sul fondo dell’oceano lungo le piattaforme continentali, che forniscono un habitat critico per importanti specie commerciali come aragoste, capesante, granchi, passere, merluzzi e altri pesci di terra”.
Come si comportano le ondate di calore marino sui fondali?
I risultati? Le ondate di calore marino in profondità possono durare più a lungo ed essere più intense di quelle che si concentrano a pelo d’acqua. La durata stimata arriva anche a 6 mesi, mentre l’anomalia termica nella sezione terminale della colonna d’acqua può raggiungere i 0,5-3°C. La profondità del fondale influenza molto queste due variabili. E mentre di solito le ondate di calore in superficie e sui fondali sono concomitanti, queste ultime possono verificarsi anche in assenza di temperature anomale in superficie.
Come hanno fatto i ricercatori della Noaa a giungere a queste conclusioni? Hanno condotto una rianalisi (analisi retrospettiva) partendo dai dati disponibili dalle osservazioni dirette e integrando i ‘buchi’ con l’aiuto di modelli predittivi, riuscendo ad arrivare a una risoluzione di 8 km. Si sono concentrati sulle acque della piattaforma continentale degli Stati Uniti.
“Sappiamo che il riconoscimento precoce delle ondate di calore marine è necessario per una gestione proattiva dell’oceano costiero”, dichiara il coautore dello studio Michael Jacox. “Ora è chiaro che dobbiamo prestare maggiore attenzione ai fondali oceanici, dove vivono alcune delle specie più preziose e che possono subire ondate di calore molto diverse da quelle in superficie”.