Asia del sud-est e Africa subsahariana le regioni con i valori più alti di migranti climatici
(Rinnovabili.it) – Nel 2020 il cambiamento climatico ha causato più sfollati delle guerre. Molti di più: il triplo. I migranti climatici in tutto il mondo sono 30 milioni, ma questa cifra con ogni probabilità è una stima troppo bassa, avverte l’Internal Displacement Monitoring Centre del Norwegian Refugee Council. Il dato di chi è restato nel suo paese – i cosiddetti sfollati interni – ma è scappato da pallottole e bombe arriva invece a 10 milioni di persone.
La fotografia scattata dal rapporto annuale dell’IDMC è molto chiara: il cambiamento climatico è una delle cause principali alla base delle migrazioni. Non è un caso, sottolinea il dossier, che nell’anno che ha fatto registrare il record di riscaldamento globale ci siano stati 5 milioni di sfollati in più che nel 2019.
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“Migranti climatici” è però un’etichetta che stenta ancora a farsi strada a livello internazionale e anche europeo. C’è chi frena perché vede il clima come uno dei fattori che causano la decisione di migrare, ma non l’unico. E su questa base ritiene di non poter attribuire questa etichetta. E c’è chi non vuole dare un riconoscimento formale a chi lascia la propria terra a causa del climate change per evitare di essere poi trascinato sul banco degli imputati perché corresponsabile nell’aumento della temperatura globale.
L’ultimo esempio è storia molto recente. Proprio ieri il parlamento europeo ha votato una mozione con cui chiede all’ONU di lavorare a un quadro normativo globale di riferimento sulla giustizia climatica. Ma nella stessa sessione ha bocciato una mozione che riconosceva l’esistenza del legame tra migrazioni e clima.
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Il rapporto dell’organizzazione norvegese mostra molto bene perché queste disquisizioni sono staccate dalla realtà dei fatti. Gli sfollati interni non migrano una sola volta. Possono dover scappare da una guerra che li rincorre, o possono spostarsi di nuovo per motivi diversi come, ad esempio, eventi climatici resi più estremi dal cambiamento climatico. È quello che è successo anche nel 2020. “Ogni anno milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case a causa di conflitti e violenze. I disastri e gli effetti del cambiamento climatico innescano regolarmente nuovi sfollamenti secondari, minando la sicurezza e il benessere delle persone”, spiega il rapporto.
La direttrice dell’IDMC, Alexandra Bilak, rincara la dose. “Le crisi di sfollamento odierne derivano da molti fattori interconnessi, tra cui il cambiamento climatico e ambientale, i conflitti protratti e l’instabilità politica”.