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Il futuro dei mega incendi: le aree globali più a rischio

Stagione degli incendi 2021: rilasciate 1760 Mt di CO2 in aria
via depositphotos.com

Lo studio sui mega incendi è apparso su Nature Communications

(Rinnovabili.it) – La scienza del clima è certa che il cambiamento climatico farà diventare più frequenti e intensi molti fenomeni climatici estremi nei prossimi decenni. Nell’elenco, insieme alle ondate di calore e alle “bombe d’acqua”, ci sono anche i mega incendi. Il loro impatto, però, sarà tutto sommato contenuto per quanto riguarda le emissioni di gas serra. Mentre ci dobbiamo aspettare ripercussioni ben più pesanti delle attese dal punto di vista socioeconomico.

Lo sostiene uno studio appena pubblicato su Nature Communications che si basa sul machine learning applicato al CMIP6 (il modello predittivo del clima più avanzato oggi a disposizione) per valutare l’impatto futuro dei mega incendi sia sotto il profilo climatico che per quanto riguarda i danni economici e sociali.

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Il risultato? Nel corso di questo secolo, le emissioni di CO2 prodotte dai mega incendi non cresceranno sensibilmente. Mentre aumenterà in modo significativo la quota di popolazione globale, di Pil e di aree agricole a rischio. La ragione, però, non risiede tanto nell’allargamento delle aree soggette al rischio incendio. Semmai il contrario. Sono l’espansione urbana, la crescita delle attività produttive e l’allargamento delle aree messe a coltura necessario per sostenere una popolazione in crescita i motivi principali dietro l’aumento di rischio.

Secondo le proiezioni dello studio, le regioni che già oggi risultano più esposte ai mega incendi continueranno a esserlo. E sono anche in gran parte sovrapponibili a quelle dove si prevede un maggior tasso di sviluppo umano ed economico. Si tratta dell’Africa occidentale e parte di quella centrale, dell’Australia del nord e della parte orientale dell’America del sud. Qui, calcola lo studio, il rischio per la popolazione crescerà in media del 5,5% ogni decennio, quello per il Pil di oltre il 40% per decade, e quello per le aree agricole del 2,5% sempre ogni 10 anni.

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