Bene l’Appennino, male le Alpi. Anche se le ultime settimane di neve hanno imbiancato tutta Italia, in media siamo appena il 12% sopra il 2022 in termini di riserva idrica contenuta nella neve
I dati sui livelli nivologici di Fondazione CIMA
(Rinnovabili.it) – Cime imbiancate anche in Sardegna e Sicilia, neve abbondante in molti settori dell’Appennino e delle Alpi, impianti di sci che fermano i cannoni spara neve artificiale (almeno per un po’). Nelle ultime settimane la neve è tornata su gran parte del Belpaese. Ma è abbastanza per tornare a livelli nivologici normali? E basterà per metterci al riparo da una nuova stagione di siccità?
I dati sui livelli nivologici in Italia
La risposta è: non del tutto. Secondo i dati di Fondazione CIMA, che monitora l’andamento dei livelli nivologici sulla penisola, con le ultime nevicate paghiamo ancora un deficit di ben -35% di neve rispetto alla media degli ultimi 10 anni in termini di Snow Water Equivalent, cioè la riserva idrica contenuta nella neve. E anche se siamo messi meglio del 2022, la differenza con l’anno scorso è appena del +12% di accumuli nevosi.
“La considerazione da cui dobbiamo partire è che l’accumulo di neve in inverno dev’essere visto come una maratona, e non come una 100 metri: la neve, infatti, deve aver modo di accumularsi nel corso dei mesi, e difficilmente poche nevicate intense e concentrate nel tempo riescono a colmare i deficit che si sono accumulati”, spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA.
Deficit alpini
Finora questa maratona ha già avuto due intoppi. Primo: la neve è arrivata tardi, quindi c’è meno tempo per arrivare ad accumuli sufficienti. Secondo, l’ondata di caldo eccezionale a inizio gennaio -una delle più poderose che abbiano mai colpito l’Europa- ha causato fusione e quindi una flessione importante dei livelli nivologici.
Quella descritta fin qui è la media nazionale. Ma conviene ingrandire la situazione in alcuni quadranti per avere una fotografia migliore. Sulle Alpi il deficit di neve è più grande della media decennale nazionale e si aggira intorno al -50%. Il Piemonte, la regione messa peggio, segna -56%. Solo marginalmente superiore ai livelli del 2022. Mentre è l’Appennino a compiere un balzo, in particolare con la neve caduta in Toscana (+69% sulla media) e Emilia-Romagna (addirittura 4 volte più neve).
Cosa significa tutto questo in ottica siccità? È al Nord che si concentra il 90% delle risorse idriche nivali dell’Italia, ma qui il bilancio è ancora fortemente negativo. Ovviamente, la neve è solo uno dei fattori, insieme alle precipitazioni distribuite nel resto dell’anno. Ma è il fattore più pesante: è dalla neve sciolta che deriva circa il 60% dell’acqua che scorre nei fiumi italiani.