Uno studio dell’Imperial College London ricalcola il budget di carbonio globale aggiornando le stime dell’IPCC. Gli ultimi tre anni di emissioni record lo hanno dimezzato. Ci restano 250 GtCO2eq, circa 6 anni di emissioni ai livelli attuali
Il limite di 1,5 gradi è il punto di riferimento per calibrare le attuali politiche climatiche
(Rinnovabili.it) – C’è una buona probabilità che quest’anno ci avvicineremo molto al fatidico limite di 1,5 gradi di riscaldamento globale. Quando inizieremo, però, a sforarlo continuativamente, ai ritmi attuali di emissioni di gas serra? Già nel 2029, ben prima di quanto ha stimato l’ultimo rapporto dell’IPCC solo due anni fa. Lo stabilisce uno studio dell’Imperial College London che ha ricalcolato il budget di carbonio globale, cioè quante emissioni ci restano prima di oltrepassare stabilmente e per molto tempo l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi.
Il ricalcolo si basa su un semplice aggiornamento dei dati usati dal Panel intergovernativo dell’ONU sul cambiamento climatico. Il rapporto pubblicato nel 2021 calcolava il carbon budget globale fermandosi alle emissioni generate fino al 2020. Lo studio pubblicato su Nature Climate Change, invece, aggiunge i gas serra immessi in atmosfera negli ultimi tre anni. Tre anni di emissioni record.
Per l’IPCC, prima di superare stabilmente il limite di 1,5 gradi con una probabilità del 50%, il mondo aveva a disposizione ancora 500 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente (GtCO2eq). Calcolando una media di 40 GtCO2eq l’anno, la previsione dell’organo delle Nazioni Unite fissava la data dello sforamento intorno alla metà del prossimo decennio. Lasciando quindi una finestra fino al 2030 per mettere in campo politiche climatiche in grado di rispettare l’obiettivo del Paris Agreement.
Gli scienziati dell’Imperial College London dimezzano il budget di carbonio disponibile. Se si calcolano anche le emissioni degli ultimi anni, a gennaio 2023 l’ammontare si ferma a 250 GtCO2eq. Equivalente a 6 anni con i livelli attuali di emissioni. Il budget con orizzonte 2 gradi, invece, è fissato a 1200 GtCO2eq.
Il paradosso degli aerosol
Numeri, questi come quelli dell’IPCC, che hanno un margine di incertezza ancora elevato a causa della difficoltà di comprendere esattamente il ruolo di alcuni fattori, le loro interazioni e l’effetto della possibile attivazione di meccanismi di feedback positivo nel sistema climatico terrestre. Lo studio riesamina anche questi aspetti e arriva a una conclusione che molti scienziati del clima, in questi mesi, avevano già ipotizzato per spiegare l’impennata delle temperature globali dalla primavera in poi e i livelli record di caldo degli oceani.
Finora, sostengono i ricercatori londinesi, abbiamo sottostimato gli impatti degli aerosol, piccole particelle che derivano dalla combustione delle fonti fossili e restano in sospensione in atmosfera. La loro azione smorza l’effetto serra perché riflette nello spazio parte della radiazione solare, contribuendo così a “raffreddare” il Pianeta. Con buona probabilità, la portata di questo effetto raffrescante è maggiore di quanto stimato. E, paradossalmente, diminuire le emissioni fossili ha l’effetto collaterale di togliere dall’atmosfera gli aerosol, permettendo così alla Terra di incamerare più calore.
“Il budget rimanente è ora così piccolo che piccoli cambiamenti nella nostra comprensione del mondo possono comportare grandi cambiamenti proporzionali al budget. Tuttavia, le stime indicano meno di un decennio di emissioni ai livelli attuali”, commenta Robin Lamboll, primo autore dell’articolo su Nature Climate Change. “La mancanza di progressi nella riduzione delle emissioni significa che possiamo essere sempre più certi che la finestra per mantenere il riscaldamento globale a livelli di sicurezza si sta rapidamente chiudendo”.