La bozza della legge sul clima riporta l’impegno di rivedere l'obiettivo del 2030 (che ad oggi prevede un taglio delle emissioni del 40%) "entro settembre 2020". Questo, però, creerà tensioni tra i diversi soggetti europei, Stati membri compresi.
Presentata ufficialmente domani, la legge europea sul clima non farà alcun cenno all’obiettivo intermedio del 2030.
(Rinnovabili.it) – Domani la Commissione Europea dovrebbe ufficialmente presentare la legge europea sul clima. Tuttavia, sta già circolando una bozza del documento che permette di capire, con qualche ora di anticipo, la direzione che l’esecutivo intende intraprendere operativamente rispetto alla sua politica climatica. Diffusa da Euroactiv, la bozza conferma la data del 2050 per il raggiungimento della neutralità climatica: per allora “le emissioni e le rimozioni di gas a effetto serra nell’Unione devono essere bilanciate”, si legge nel documento, aggiungendo che “dopo tale data, le rimozioni di gas a effetto serra devono superare le emissioni“.
L’obiettivo del 2050 è da sempre stato inteso come la finalità ultima della legge europea sul clima. Tuttavia, ora la Commissione sembra aver chiarito che si tratterà di un obiettivo da quantificare a livello europeo, piuttosto che a livello nazionale. Ciò significa che ad alcuni Stati membri (si pensi alle cosiddette regioni carbonifere) con buona probabilità verrà offerto del tempo aggiuntivo per raggiungere l’obiettivo dopo il 2050, mentre altri paesi (ad esempio la Finlandia) hanno già dichiarato la loro intenzione di diventare climaticamente neutrali in tempi più brevi.
Questo approccio differenziato da paese a paese sembra non essere stato troppo criticato dagli ambientalisti, che tutto sommato riconoscono che alcuni Stati europei possano avere bisogno di più tempo per conformarsi: “Paesi diversi hanno diversi punti di partenza, ma il traguardo delle zero emissioni deve essere uguale per tutti”, ha dichiarato Sebastian Mang, un attivista di Greenpeace. Tuttavia, per i gruppi “verdi” la vera scommessa riguarda il cosiddetto obiettivo intermedio del 2030 che, da un punto di vista pragmatico, dovrebbe dare una direzione chiara sulla strada che l’Unione intende intraprendere. Nonostante questo, però, sembra che la bozza della legge europea sul clima non contenga alcuna proposta rispetto all’obiettivo generale del taglio delle emissioni tra 10 anni. Piuttosto, il testo dichiara solo l’impegno a rivedere l’attuale obiettivo del 40% “entro settembre 2020”, aumentandolo al 50-55% a patto che si diano condizioni non ancora esplicitate.
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L’assenza di un obiettivo intermedio ha quindi scatenato l’ira degli ambientalisti, che hanno definito la legge europea sul clima “anticlimatica” e “vuota”. Ma non sono solo le associazioni più attente all’ambiente a criticare la strategia dell’esecutivo europeo. Esiste, infatti, anche una pressione da parte di alcuni Stati membri (dodici, per l’esattezza, tra cui Austria, Danimarca, Finlandia, Francia e Italia) che sembrano desiderare un’azione più rapida. Infatti, in una lettera inviata al vicepresidente, Frans Timmermans, questi paesi hanno esortato la Commissione a proporre un obiettivo per il 2030 entro e non oltre giugno, citando il vertice UE-Cina di settembre e il vertice delle Nazioni Unite sul clima di novembre come pietre miliari cruciali.
“Con un contributo determinato a livello nazionale (NDC) tempestivo e rafforzato, l’UE può dare l’esempio e contribuire a creare lo slancio internazionale necessario a tutte le parti per ampliare le proprie ambizioni“, si legge nella lettera firmata dai 12 ministri del Clima e dell’Ambiente. Tuttavia, alcuni dei paesi firmatari (come Francia, Lussemburgo e Spagna) non hanno ancora approvato i loro Piani Nazionali Integrati per l’Energia e il Clima (PNIEC) per il 2030, che dovrebbero essere presentati ai sensi dell’accordo di Parigi.
Affinché l’UE possa aumentare il proprio contributo entro il 2030, gli Stati membri e il Parlamento europeo devono negoziare un accordo. Ciò potrebbe richiedere del tempo, poiché i deputati hanno già segnalato che non si accontenteranno di un taglio al di sotto del 55%, laddove i paesi dell’UE sono fortemente divisi su questo obiettivo. Ad esempio, Stati come la Repubblica Ceca e l’Ungheria hanno dichiarato pubblicamente che non prenderanno in considerazione alcuna proposta in assenza di una valutazione di impatto sui costi. A questo proposito, gli esperti stanno attualmente analizzando i numeri e, secondo Euroactiv, pare che un taglio del 55% avrebbe un costo pari ad un taglio inferiore (es. del 50%) e questo soprattutto grazie alla riduzione dei costi delle energie rinnovabili.
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Proprio per permettere valutazioni ponderate e realistiche, la proposta di legge europea sul clima della Commissione prevede di rivedere gli obiettivi climatici del blocco ogni cinque anni a partire dal 2023, “al più tardi entro sei mesi dopo ogni bilancio globale” fatto ai sensi dell’accordo di Parigi. Questa revisione, però, dovrebbe avvenire “mediante atti delegati”, vale a dire senza dove avviare negoziati con il Parlamento e gli Stati membri, mossa che creerà non poche tensioni. Questo significa che l’esecutivo dell’UE intende consultare esclusivamente degli esperti nazionali e proporre così, di volta in volta, nuovi parametri di riferimento per la riduzione delle emissioni nel 2035, 2040 e 2045. Tuttavia, secondo la bozza, questa delega alla Commissione “può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio”.
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