L’effetto combinato di pesca e crisi climatica sull’ecosistema marino porta l’Adriatico all’isteresi
(Rinnovabili.it) – Negli ultimi 40 anni, l’ecosistema marino dell’alto Adriatico è cambiato in modo irreversibile a causa del cambiamento climatico e delle attività umane. La pressione della pesca e l’aumento della temperatura delle acque hanno costretto la flora e la fauna marine a riorganizzarsi. L’impatto è stato talmente elevato che, in appena quattro decenni, si è verificato un cambiamento di regime dell’intera area. Che rende praticamente impossibile tornare indietro.
“Le pressioni umane cumulative e i cambiamenti climatici possono indurre negli ecosistemi dinamiche discontinue non lineari, note come cambiamenti di regime”, spiegano gli autori dello studio sull’ecosistema marino del settore più settentrionale dell’Adriatico. “I cambiamenti di regime implicano tipicamente l’isteresi, una risposta del sistema carente o ritardata quando le pressioni vengono reintrodotte, che può vanificare gli sforzi di ripristino”. L’isteresi è l’incapacità di un sistema di ritornare a uno stato di equilibrio dopo uno shock: la pressione esterna è tale da rendere impossibile l’adattamento, così il sistema resta “deformato”.
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Lo studio, condotto da scienziati dell’università di Padova e pubblicato sul Journal of Animal Ecology, si è concentrato sulle dinamiche che hanno interessato pesci e macroinvertebrati in uno dei settori più produttivi fra tutti i sotto-bacini del Mediterraneo, ma anche uno dei più esposti all’impatto della crisi climatica.
Il risultato più importante è la dimostrazione che l’Alto Adriatico si trova oggi in un nuovo stato stabile. La fauna ittica ha risposto ai cambiamenti dell’ecosistema marino trovando un nuovo equilibrio per quasi ogni specie considerata. Secondo il modello applicato nello studio “un recupero verso i livelli di base precedenti potrebbe essere impossibile”.
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Come è cambiato l’ecosistema marino del settore più a nord dell’Adriatico? Tutto l’ecosistema “appare ristrutturato” e “troficamente più semplice” rispetto a 40 anni fa. È diminuito, cioè, il numero di specie e la composizione relativa delle specie è cambiata. Un cambiamento che è stato mascherato dal fatto che la quantità complessiva di pescato non è mai diminuita in modo significativo durante questo periodo.
“Il nostro studio evidenzia come i cambiamenti di regime possano portare a cambiamenti irreversibili della comunità negli ecosistemi sfruttati, che possono passare inosservati se si guarda solo alla produttività complessiva di un’attività di pesca, e sottolinea l’importanza di combinare diverse metriche (alcune delle quali dovrebbero includere la composizione delle specie) per valutare lo stato e la resilienza di una comunità e delle attività di pesca connesse”, concludono gli autori.