Rinnovabili

La freccia del tempo è irreversibile

Credits: UNclimatechange (CC BY-NC-SA 2.0)

di Patty L’Abbate 

(Rinnovabili.it) – Mentre siamo presi dalle nostre quotidiane attività, ci rechiamo a lavoro, rispondiamo al telefono, siamo in videocall, rientriamo a casa dopo aver fatto la spesa, mentre ognuno vive la sua vita, nel Scottish Event Center, a Glasgow continua la seconda settimana della COP 26. Un evento che riguarda tutta la comunità mondiale riguarda tutte le nostre vite perché siamo interconnessi con ogni essere vivente e con il nostro ambiente. I governi all’interno di quelle stanze cercano di trovare le giuste soluzioni al riscaldamento del Pianeta, azioni concrete sinergiche per la transizione ad un nuovo modello economico mondiale equo, sostenibile e solidale, e fuori ci sono i manifestanti, i nostri ragazzi, i veri protagonisti del futuro, quelli che affronteranno un domani la siccità, gli uragani, la carenza di risorse naturali, lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento della povertà. Ognuno dunque al proprio posto? Forse. 

Dall’Italia giunge a Glasgow anche il messaggio di Papa Francesco: “Curiamo la nostra casa comune ed anche noi stessi, cercando di estirpare i semi dei conflitti: avidità, indifferenza, ignoranza, paura, ingiustizia, insicurezza e violenza”. Tutti siamo chiamati alla sfida del secolo, a limitare la formazione di gas climalteranti. Alla COP26, ad ogni Paese è chiesto di presentare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas effetto serra entro il 2030, accelerare il processo di fuoriuscita dal carbone, ridurre la deforestazione, incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili, proteggere e ripristinare gli ecosistemi, costruire sistemi più resilienti. Per raggiungere gli obiettivi, i Paesi sviluppati devono mantenere la loro promessa di mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima entro il 2020. A tutti è chiesto di collaborare, alle Nazioni, ai governi, alle istituzioni finanziare internazionali, alle imprese, a noi cittadini.

Il premier, Mario Draghi alla COP26 ha ricordato  a tutti che solo un’azione collettiva di tutti i paesi può risolvere un problema complesso e globale come il cambiamento climatico, e i comportamenti poco coerenti indeboliscono la posizione dei Paesi molto virtuosi,  invita poi le banche multilaterali di sviluppo e la Banca Mondiale ad impegnarsi per confluire capitali privati nella lotta al cambiamento climatico, ed sorta tutti  ad ascoltare le future generazioni.

Il ministro Roberto Cingolani, presenta la Global Energy Alliance for People and Planet un progetto che punta a distribuire energia rinnovabile ad  un miliardo di persone, con un risparmio di 4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e la creazione di oltre 150 milioni di posti lavoro, e lancia lo stanziamento di 4 milioni di euro da parte del Ministero della Transizione Ecologica, per rendere stabile  la Conferenza dei giovani sul clima, la Youth4Climate e trasformare così una protesta in proposta. 

Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica 2021 è poco ottimista sull’esito della COP26, sulla condivisione di un piano chiaro e dettagliato da parte di tutti le nazioni, visto che la storia insegna che le promesse non sono sempre state mantenute. Ritiene necessario ricorrere alle rinnovabili, cambiare le abitudini, implementare l’efficienza energetica delle abitazioni e dei processi industriali, tutte azioni con le quali concordo e che trovate anche nel mio libro: “Una nuova economia ecologica”

Guterres sottolinea che tutti i Paesi devono capire che il vecchio modello di sviluppo fondato sul carbone costituisce una sentenza di condanna a morte non solo per il Pianeta ma per le stesse economie, concetto che continuamente ripeto in Aula al Senato nei miei discorsi, per sensibilizzare chi ancora ritiene che ambiente ed economia siano agli antipodi, non è così, se non tuteli il capitale naturale, i servizi ecosistemici,  non avrai materie prime da trasformare per ottenere prodotti, e il clima se cambia destabilizza tutto!

Dai comunicati stampa giungono i primi impegni: la Banca Mondiale pone a disposizione 25 miliardi di dollari all’anno in finanza per il clima fino al 2025, attraverso il suo Climate Action Plan, con un piano che comprende un programma sull’agricoltura e il settore alimentare; 134 capi di Stato firmano la Dichiarazione dei leader di Glasgow sulle foreste e l’uso del suolo, impegnandosi ad arrestare e invertire la perdita di foreste e il degrado del territorio entro il 2030 con 12 miliardi di dollari di fondi pubblici e 7,2 miliardi di dollari di investimenti privati, in particolare un fondo di 1,5 miliardi di dollari è posto per  la salvaguardia della seconda foresta pluviale più estesa del pianeta, nel bacino del Congo, e si lavora per la rimozione dal commercio internazionale di prodotti agricoli come l’olio di palma, la soia e il cacao, la cui coltivazione è tra le più impattanti sulla piaga dell’abbattimento delle foreste; 103 Paesi sottoscrivono l’iniziativa globale mirata a ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030, con il beneficio della riduzione del riscaldamento di almeno 0,2°C entro il 2050; oltre 40 paesi si impegnano a passare  dal carbone alle energie pulite; si prende l’impegno a definire un mercato globale del carbonio,  ovvero l’insieme delle norme che serviranno ad applicare l’Accordo di Parigi; sulla finanza climatica, la coalizione di banche e fondi per il clima Gfanz (Glasgow Financial Alliance for Net Zero), partita in aprile è riuscita a raccogliere l’adesione di oltre 450 aziende che rappresentano 130 mila miliardi di dollari di asset, dunque il 40 per cento dei capitali finanziari di tutto il mondo. I grani assenti nelle sottoscrizioni sono spesso Russia, India e Cina.                     

Greta, dal suo canto lancia una petizione l’“Appello di emergenza per l’azione sul clima!” disapprovando l’esclusione dei giovani dalla conferenza, ragazzi come Yaz Ashwmawi, 26 anni, fisico, londinese del movimento ambientalista “Camino to Cop26″, che ha camminato due mesi per arrivare al vertice del clima o Jon Bonifacio, medico, che protesta a difesa del suo paese le Filippine, 7mila isole potrebbero essere sommerse, stare sotto l’1,5 gradi di aumento di temperatura è una questione vitale. 

Come possono i negoziati e le politiche per il clima essere vincenti? Ad esempio per tutelare le foreste è necessario agire anche sul mercato del legname e ascoltare le popolazioni indigene e delle comunità locali (IPLC) all’interno del processo decisionale e politico, combinare riforme delle politiche agricole sostenibili con la sicurezza alimentare, facilitare un nuovo mercato di prodotti sostenibili che non degradano la terra e non distruggono le foreste. In generale dobbiamo tener conto della scienza e fare i conti con la natura, calcolare gli impatti positivi e negativi per combattere questi ultimi, effettuare una contabilità ambientale, calcolare nuovi indicatori come la carbon footprint e porre un prezzo al carbonio, indirizzando queste somme verso lavori e infrastrutture resilienti. 

Per raggiungere le zero emissioni nette al 2050 dobbiamo tagliare le emissioni globali di CO2 di circa 1,4 milioni di tonnellate ogni anno, e  secondo l’ultimo rapporto del Global Carbon Project i livelli di CO2 sono aumentati dopo la pandemia ritornando ai livelli pre-covid e sono in crescita, si parla anche di un aumento di  2,7 gradi. Dobbiamo essere rapidi nel decarbonizzare. Effettuare azioni di “Mitigazione”, tagliare drasticamente le emissioni di gas serra, trasformando processi, prodotti, abitudini, stili di vita. Prepararci agli eventi esterni con azioni di “Adattamento”, supportando soprattutto i paesi più vulnerabili agli eventi catastrofici derivati dal cambiamento climatico. Bisogna prevenire ed ecoinnovare, osservando ed imparando dalla natura. Agire subito! La freccia del tempo è irreversibile.

Idee innovative, tecnologie, finanziamenti, tutto è disponibile, cosa manca? La buona volontà di scegliere le giuste azioni e di attuarle, ricordiamo che gli impegni presi alla COP26 non sono vincolanti! La visione biocentrica deve cavalcare l’era della resilienza se vogliamo avere un futuro, l’approccio deve essere sistemico, proteso al bene comune, alla cura del nostro Pianeta e dell’unica comunità globale. Multilateralismo, azioni pragmatiche, accelerazione della lotta alle disuguaglianze, responsabilità, trasparenza, lotta alla corruzione, collaborazione. 

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