![Microplastiche sui fondali: nel Mediterraneo sono eterne](https://www.rinnovabili.it/wp-content/uploads/2023/01/microplastiche-sui-fondali.jpg)
Stress termico. Riduzione della fotosintesi. Alterazioni nella crescita. Maggiore diffusione di insetti e patogeni, che porta più parassiti e malattie. Cambiamenti nei cicli stagionali, con alterazione della fioritura e della fruttificazione e scombussolamento delle fasi fenologiche. Sono alcuni degli impatti più noti dei cambiamenti climatici sulle piante. Ma tra i molti modi in cui i cambiamenti climatici colpiscono le piante, ce n’è anche uno legato all’inquinamento da nanoplastiche.
Lo ha ricostruito e analizzato uno studio, guidato dall’università di Pisa e pubblicato sulla rivista Plant Physiology and Biochemistry. I ricercatori hanno dimostrato che le alte temperature aumentano l’assorbimento di nanoplastiche nelle piante. Con conseguenze negative sia per le piante stesse che per la fauna erbivora e l’uomo.
Inquinamento da nanoplastiche: i danni del clima sulle piante
Il gruppo di ricercatori che ha analizzato per la prima volta l’impatto dei cambiamenti climatici sull’inquinamento da nanoplastiche ha effettuato degli esperimenti sull’Azolla filiculoides Lam, una piccola felce acquatica galleggiante con radici fluttuanti e sottili che assorbono le sostanze disciolte nell’acqua.
Le nanoplastiche erano ricavate da polistirene, uno dei materiali plastici più comuni tra i frammenti microscopici che compongono le micro- e nanoplastiche. Di polistirene sono, per esempio, posate e piatti usa e getta, molti imballaggi, contenitori da asporto, e anche seminiere per l’ortoflorovivaismo.
Il risultato dell’esperimento? A 35°C la pianta assorbe più polistirene rispetto a 25°C. Subendo danni fisiologici e fotosintetici. Più le nanoplastiche entrano nella pianta, più aumenta il “deterioramento dei parametri fotosintetici e l’aumento dello stress ossidativo e della tossicità nelle piante”, scrivono le autrici dello studio in una nota.
C’è quindi una maggiore concentrazione di nanoplastiche che possono entrare nelle catene trofiche e accumularsi. Fino a rappresentare un rischio crescente anche per gli esseri umani.
“Il maggior assorbimento di nanoplastiche in condizioni di alte temperature da parte delle piante solleva preoccupazioni riguardo al possibile impatto sulle colture di interesse agronomico, con implicazioni potenzialmente rilevanti per l’ingresso di queste sostanze nella catena alimentare”, sottolineano Monica Ruffini Castiglione e Carmelina Spanò, co-autrici dello studio.
I cambiamenti climatici, avverte lo studio, possono amplificare gli effetti negativi dei rifiuti plastici. Ma non è tutto. Possono anche creare “nuove sinergie pericolose tra fattori ambientali e inquinanti”. Aggravando ulteriormente le sfide ecologiche già esistenti.