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Cambiamenti climatici: gli incendi nell’Artico infiammano l’intero pianeta

Incendi nell'Artico
Credits: gavia26210 da Pixabay

La stagione degli incendi nell’Artico si è prolungata ed è un problema che ci riguarda

(Rinnovabili.it) – I rapporti sul caldo artico da record registrato nella città siberiana di Verkhoyansk, che riportano 38° C il 20 giugno, non sono ancora stati confermati dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM). Tuttavia, anche senza la necessaria validazione dei dati, i satelliti restituiscono l’immagine di estesi incendi nell’Artico, specie nella remota foresta boreale che ricopre la Russia settentrionale.

Gli incendi nell’Artico non sono altro che la conseguenza di una fenomenale ondata di caldo, che rende secche le torbiere paludose creando così dei circoli viziosi esacerbati dai cambiamenti climatici. I registri satellitari suggeriscono che, dal 2003, c’è stato un drammatico aumento delle emissioni dovute alle fiamme nella regione artica. Nel mese di giugno 2019 e di giugno 2020, le emissioni sono state maggiori rispetto a tutti i mesi di giugno 2003-2018 messi insieme.

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Nei territori più a nord del pianeta, le temperature dell’aria hanno raggiunto nuovi record negli ultimi anni, scatenando un’ondata di incendi nell’Artico senza precedenti. “Ciò che stiamo vedendo accadere in questo momento è la conseguenza di ciò che è stato fatto nel passato attraverso le emissioni industriali, sottolinea Thomas Smith, geografo ambientale presso la London School of Economics. “Ciò che accadrà tra 40 anni è già scritto. Non possiamo farci nulla. Ecco perché dovremmo essere preoccupati: la situazione può solo peggiorare“.

Sebbene la torba copra solo il 3% della superficie terrestre, contiene il doppio del carbonio presente in tutte le foreste del mondo messe insieme. Inoltre, i ricercatori hanno verificato che i cambiamenti climatici stanno causando il riscaldamento dell’Artico ad una velocità due volte superiore rispetto al resto del mondo, e l’ondata di caldo siberiano, iniziata a maggio, è tipica di questa tendenza.

Ciò che era estremo sta diventando normale. Le temperature più calde sono ora relativamente frequenti”, ha affermato Walt Meier, ricercatore presso il National Snow and Ice Data Center dell’Università del Colorado. E quando le temperature si surriscaldano e la neve e il ghiaccio si sciolgono, l’area artica assorbe il calore più velocemente, contribuendo a un maggiore riscaldamento.

Fino ad oggi, il ghiaccio marino artico ha perso il 70% del suo volume estivo dagli anni ’70, al punto da registrare nel 2019 le coperture di ghiaccio più basse mai rilevate. Gli incendi nell’Artico, specie nelle torbiere, rendono ancora più urgente la necessità di ridurre le emissioni causate dall’uomo, poiché le trasformazioni subite dall’area artica potrebbero innescare maggiori impatti sul sistema climatico globale, dovuti allo scongelamento del permafrost e alle relative conseguenze sulle correnti oceaniche.

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Guido Grosse, a capo dell’unità di ricerca Permafrost presso il Centro Helmholtz per la ricerca polare e marina dell’Istituto Alfred Wegener (Germania), ha affermato che gli incendi nell’Artico stanno sottraendo torba e vegetazione che normalmente formerebbero una “coperta protettiva” per il permafrost. “Se li elimini, il calore dei raggi solari penetra direttamente nel terreno e riscalda il permafrost”.

Questo, a sua volta, provoca un circolo vizioso, poiché le temperature alte prolungano la stagione degli incendi nell’Artico, che normalmente dovrebbe durare un paio di settimane a cavallo dei mesi di luglio e agosto. Quest’anno, gli incendi sono stati rilevati già a partire dal mese di maggio.

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