Il fumo degli incendi in Canada ha raggiunto l’Europa
(Rinnovabili.it) – In appena 6 mesi, gli incendi in Canada hanno già rilasciato più emissioni che in qualsiasi intero anno precedente. In atmosfera, solo tra gennaio e giugno, sono finiti circa 160 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2eq). L’Italia, in un anno, emette circa 400 MtCO2eq.
La peggiore stagione degli incendi in Canada da 21 anni
“Le emissioni dovute a questi incendi sono ora le più grandi emissioni annuali per il Canada nei 21 anni del nostro set di dati”, ha comunicato il servizio europeo di monitoraggio satellitare Copernicus. Da cui arriva un altro annuncio: gli incendi in Canada hanno generato una coltre di fumo capace di raggiungere l’Europa in questi giorni.
Quali sono le conseguenze? “I trasporti di fumo a lungo raggio, come questo episodio, tendono a verificarsi ad altitudini più elevate, dove la vita atmosferica degli inquinanti atmosferici è più lunga, il che significa che si manifestano maggiormente come cieli nebulosi con tramonti rossi/arancioni”, specifica Copernicus.
Mentre nell’immediato, a quote più basse, non ci dovrebbero essere ripercussioni: i valori di polveri sottili sono nella norma e non dovrebbero subire l’impatto dei fumi degli incendi canadesi. Non ci attende quindi nessuno scenario come quello della costa orientale degli Stati Uniti a inizio giugno, quando il fumo degli incendi aveva costretto decine di milioni di persone a restare in casa e aveva reso spettrali i panorami di New York, Philadelphia e altre grandi città americane.
I roghi, nel frattempo, continuano a imperversare. Al 26 giugno ne risultavano attivi ancora 492 in tutto il Canada, di cui più della metà (257) considerati fuori controllo. Ad aumentare la portata di questa stagione degli incendi è una combinazione di temperature più alte e di minor umidità al suolo, entrambi fattori che dipendono almeno in parte dal cambiamento climatico.
“Il nostro monitoraggio dell’entità e della persistenza delle emissioni degli incendi in Canada dall’inizio di maggio ha mostrato quanto sia stato insolito se confrontato con i due decenni del nostro set di dati”, commenta Mark Parrington di Copernicus.