Due studi pubblicati su Nature Communications chiariscono il nesso tra incendi, cambiamento climatico e salute
La superficie colpita da incendi a livello mondiale è cresciuta del 15,8% in meno di 20 anni a causa del cambiamento climatico. E l’aumento del fumo ha provocato un peggioramento della qualità dell’aria che uccide 12mila persone in più ogni anno. Sono i risultati sul nesso tra incendi e cambiamento climatico a cui arrivano due studi, entrambi pubblicati su Nature Communications e a cui hanno contribuito ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK).
Incendi e cambiamento climatico, come aumentano i roghi?
Il primo studio fa luce su una questione ancora dibattuta dalla comunità scientifica. L’ultimo rapporto dell’IPCC inseriva tra le conclusioni che la crisi climatica ha probabilmente aumentato le condizioni meteorologiche favorevoli allo scoppio di incendi in tutti i continenti abitati. Ma altri studi parlano di un calo della superficie mondiale bruciata, dovuto al cambio d’uso del suolo specialmente nella savana (dove è concentrato il 70% dei roghi globali). Addirittura, uno studio recente parlava di una riduzione del 25% circa negli ultimi due decenni. Qual è, quindi, esattamente, il contributo agli incendi del cambiamento climatico?
Per chiarire il punto, il gruppo di ricercatori – guidato da Met Office britannico e Vrije Universiteit Brussel – ha usato dei modelli globali di comportamento degli incendi e ne ha valutato i risultati con e senza l’apporto del cambiamento climatico di origine antropica. Tra 2003 e 2019, concludono, la crisi climatica ha intensificato i roghi dello 0,22% annuo portando a un allargamento della superficie bruciata di oltre il 15%, e ha aumentato del 22% la probabilità di vivere mesi con un’area bruciata globale superiore alla media. Australia, America del Sud, Nord America occidentale e Siberia sono le regioni più colpite.
L’impatto sulla salute umana
Su questi dati, il PIK ha calcolato la variazione dell’impatto sulla salute degli incendi alimentati dal cambiamento climatico. Nel secondo studio, i ricercatori hanno utilizzato tre diversi modelli di interazione tra vegetazione e incendi, in combinazione con un modello di trasporto chimico e un quadro di valutazione del rischio per la salute. Sono così riusciti a stimare quanta parte dei decessi dovuti alle polveri sottili è dovuta all’intensificazione degli incendi a causa della crisi climatica.
Negli anni ’60, lo studio rileva in media 46.401 morti l’anno. Dato che passa quasi a 100mila l’anno (98.748) durante lo scorso decennio. La quota imputabile al cambiamento climatico passa da 669 decessi, pari all’1,2% negli anni ’60, a 12.566 cioè il 12,8% negli anni 2010.