Lo studio sulla più grande torbiera italiana
(Rinnovabili.it) – Gli incendi delle torbiere sono un fenomeno spontaneo che si verifica in tutto il mondo. Ma quali sono le conseguenze? Innanzi tutto l’emissione di gas serra. La torba è un deposito sedimentario caratterizzato da un elevato contenuto di sostanza organica (i resti di piante e animali) che si è accumulata nel corso dei millenni in zone umide continentali e costiere.
Le torbiere costituiscono solo il 3% della superficie terrestre, ma intrappolano circa il 30% del carbonio globale dei suoli.
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Gli “incendi fantasma” nelle torbiere
Un gruppo di ricerca del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze ha condotto con l’Università di Ferrara uno studio sulla più grande torbiera italiana. Ne ha ricostruito l’originaria composizione geochimica, organica e inorganica per valutare le modificazioni della composizione del terreno e calcolare la quantità di gas serra originato dalla combustione del suolo.
La combustione naturale delle torbiere è un fenomeno ricorrente nella Valle del Mezzano (nella Pianura Padana, in provincia di Ferrara) a causa della bonifica e della conversione da aree paludose a terre emerse costiere nel delta del Po.
La combustione spontanea si sviluppa fra i 30 e 65 cm sotto la superficie: sono i cosiddetti “incendi fantasma” che si innescano durante la stagione estiva.
Come spiega Gianluca Bianchini, coordinatore dell’unità di ricerca dell’Università di Ferrara, «tali incendi possono proseguire anche per anni, fino al totale consumo della materia organica, che costituisce il loro combustibile.
Questo genera una duplice minaccia per l’ambiente: un significativo rilascio di gas serra (principalmente CO2) e un’alterazione degli originari livelli di concentrazione dei metalli presenti nel terreno».
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Cosa cambia con la combustione naturale?
La ricerca The trace element distribution in peat soils affected by natural burning events: A proxy of the original composition and metals mobility assessment è pubblicata nella rivista scientifica “Science of the Total Environment”.
Lo studio analizza due tipi di suolo della stessa area – uno incontaminato, l’altro influenzato da eventi di autocombustione – per comprendere l’impronta geochimica delle torbiere nelle paludi salmastre.
Dal confronto dei due terreni è possibile ricostruire i cambiamenti avvenuti in conseguenza della combustione con particolare attenzione alle conseguenze sull’ambiente (ad esempio, nel caso di presenza di elementi potenzialmente tossici, come tracce di metalli).
La ricerca ha evidenziato che «in seguito agli incendi spontanei la mobilità degli elementi, in particolare di alcuni metalli potenzialmente tossici che raggiungono concentrazioni elevate ad alcuni livelli di profondità del suolo, rimane limitata al suolo interessato.
Infatti non sono state registrate significative emissioni in atmosfera o nelle falde acquifere», ha dichiarato Claudio Natali, associato di Petrologia e petrografia dell’Università di Firenze.
Inoltre, il calcolo del carbonio rilasciato in atmosfera come CO2 ha permesso di stimare che «se l’intera area fosse coinvolta in fenomeni di combustione spontanea le emissioni di CO2 equivalente ammonterebbero a circa 118 milioni di tonnellate».
Un importante elemento su cui riflettere, dato che gli incendi spontanei sono sempre più frequenti a causa dell’aumento della temperatura media dei suoli e dei periodi siccitosi dovuti al cambiamento climatico.