La critica agli impegni sul clima USA arriva dall’ONU
(Rinnovabili.it) – Gli Stati Uniti devono seguire Cina e Unione Europea negli obiettivi di lungo termine delle loro politiche climatiche. Gli impegni sul clima di Washington sono troppo bassi. Soprattutto con l’abbandono dell’accordo di Parigi deciso dal presidente Donald Trump. Parola di Petteri Taalas, il finlandese che ricopre la carica di segretario generale della World Meteorological Organization (WMO).
Taalas ha specificato che gli Stati Uniti dovrebbero seguire l’esempio dei suoi due maggiori competitor per la leadership sul clima e fissare degli obiettivi ambiziosi per raggiungere la neutralità climatica. La Cina ha rivisto a fine settembre i suoi impegni sul clima. E ha promesso di diventare carbon neutral prima del 2060 e di raggiungere il picco di emissioni nel 2030. Un cambio di passo fondamentale, anzi il primo vero impegno climatico ambizioso partorito da Pechino. Bruxelles dal canto suo ha adottato l’orizzonte della neutralità climatica al 2050 e con la legge sul clima potrebbe fissare un taglio delle emissioni consistente, anche del 60% rispetto ai livelli del 1990 (ma più probabilmente sarà il 55%).
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“Tutto sommato penso che questo annuncio [quello cinese, ndr] sia fantastico, dal momento che almeno i paesi dell’Unione Europea e la Cina stanno condividendo una ragione comune, questa è un’ottima notizia. E spero che anche gli Stati Uniti si uniranno a quel club nel prossimo futuro”, ha detto Taalas in un briefing a Ginevra, quartier generale del WMO.
Dichiarazioni che seguono di poche settimane la pubblicazione del rapporto United in Science 2020. Il documento riunisce tutti gli ultimi aggiornamenti nell’ambito delle scienze climatiche. E fotografa una situazione drammatica: il riscaldamento globale potrebbe superare la soglia chiave di più 1,5 gradi Celsius già entro il 2024, raggiungendo il primo punto di non ritorno climatico molto prima del previsto.
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Trump aveva annunciato già nel 2017 l’uscita dall’accordo di Parigi. Che a suo dire era “a senso unico”, nonostante la firma di oltre 200 nazioni. E avrebbe pesato troppo sugli americani, cittadini e industrie.