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Gli Stati Uniti possono collassare per l’impatto economico degli uragani?

Oltre agli impatti diretti degli eventi estremi come gli uragani, quelli indiretti si ripercuotono lungo le catene di approvvigionamento. Una simulazione sulla base degli effetti dell’uragano Harvey del 2017 su 7000 settori economici regionali e più di 1,8 milioni di collegamenti tra le catene di fornitura indica che anche la prima economia globale non ce la farebbe da sola

Impatto economico degli uragani: in futuro, troppo alto anche per gli USA
L’uragano Katrina che devastò New Orleans nel 2005. Crediti: NASA

Uno studio del PIK di Potsdam sull’impatto economico degli uragani

(Rinnovabili.it) – È noto che l’aumento della temperatura globale rende più intensi e frequenti alcuni eventi climatici estremi, tra cui tempeste tropicali e uragani. Di conseguenza, tutte le stime prevedono che i danni creati dal passaggio di questi fenomeni cresceranno, e di molto, in futuro. Ma il punto cruciale è un altro: visto l’aumento dei danni, le nostre società sono attrezzate per sostenere l’impatto economico degli uragani? La risposta è no, sostiene uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK).

Una risposta che vale per molti paesi, non solo quelli che oggi consideriamo più vulnerabili perché oltre all’esposizione alle bizze del clima hanno anche economie impalpabili. Lo studio del PIK, infatti, si chiede se la prima superpotenza economica globale, gli Stati Uniti, riuscirebbe a cavarsela. “I nostri calcoli mostrano, per la prima volta, che l’economia statunitense, una delle più forti del pianeta, alla fine non sarà in grado di compensare da sola le perdite nelle proprie catene di approvvigionamento. L’aumento dei danni provocati dagli uragani supererà le capacità di recupero di questa superpotenza economica”, sintetizza Robin Middelanis, primo autore della ricerca.

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Il punto chiave è apparentemente banale: oltre alle conseguenze dirette, l’impatto economico degli uragani comprende anche effetti indiretti. Ovvero, come i danni – geograficamente concentrati sulle aree costiere – si distribuiscono a cascata lungo le catene del valore. Per prevedere la capacità di tenuta del sistema americano, il PIK ha simulato l’impatto di un evento come l’uragano Harvey, che colpì il Texas nel 2017, su 7000 settori economici regionali e più di 1,8 milioni di collegamenti tra le catene di fornitura.

Risultato? Le catene di approvvigionamento dell’economia nazionale statunitense non possono compensare le future perdite di produzione locale dovute agli uragani se il cambiamento climatico continua. Lo studio del PIK ha analizzato scenari climatici di diversa intensità, fino a un riscaldamento globale di 5°C, ovvero l’ipotesi peggiore oggi tenuta in considerazione dagli studi dell’IPCC. I ricercatori però non hanno voluto indicare qual è la soglia di global warming oltre la quale il sistema USA inizierebbe a collassare: troppa l’incertezza e le variabili in gioco. “Tuttavia, siamo certi che alla fine le capacità della catena di approvvigionamento dell’economia statunitense, così come sono ora, non saranno sufficienti se il riscaldamento globale continua. C’è un limite che l’economia statunitense può sopportare, solo che non sappiamo esattamente dove sia”, spiega il coautore dello studio Anders Levermann.

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