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Quale sarà l’impatto della crisi climatica sul Mediterraneo nel 2100?

Impatto della crisi climatica sul Mediterraneo: uno studio di lungo periodo
Photo by Ante Hamersmit on Unsplash

Lo studio pubblicato su Biogeosciences analizza ossigeno, pH, nutrienti e plankton

(Rinnovabili.it) – Quale sarà l’impatto della crisi climatica sul Mediterraneo nel lungo termine? Il Mare Nostrum diventerà più acido, sarà più povero di nutrienti e di microrganismi planctonici alla base delle catene alimentari e avrà meno ossigeno. Ma limitare le emissioni di gas serra, anche su uno scenario mediano, può davvero fare la differenza. Lo ha calcolato uno studio condotto dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) e dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC).

Lo studio apparso di recente sulla rivista Biogeosciences usa due scenari di riferimento, l’RCP4.5 e l’RCP8.5, ovvero quello mediano e quello peggiore tra i percorsi emissivi usati dall’IPCC. Lo scenario peggiore simula una crescita ininterrotta di concentrazione di CO2 nell’atmosfera fino ad arrivare a 1200 ppm (parti per milione) a fine secolo. Quello più ottimistico prevede un taglio di emissioni e quindi una stabilizzazione della CO2 atmosferica intorno a circa 500 ppm.

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Per molti dei fattori analizzati, la differenza tra i due scenari è sensibile. A partire dal processo di acidificazione. In questo caso, l’impatto della crisi climatica sul Mediterraneo presenta valori analoghi per i primi 30 anni, cioè da oggi al 2050. Dopo il giro di boa di metà secolo, però, il pH decresce rapidamente nello scenario RCP8.5 mentre resta stabile nell’altro scenario.

“Ciò supporta l’idea – forse basata sull’esistenza di una certa capacità cuscinetto e di un certo tasso di rinnovamento in un sistema come il Mar Mediterraneo – che l’implementazione di politiche di riduzione delle emissioni di CO2 potrebbe effettivamente essere efficace e contribuire alla fondazione della scienza e delle politiche di sostenibilità degli oceani”, notano gli autori.

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La perdita d’ossigeno si attesterà su una percentuale compresa tra il 2 e il 9%. Tra le aree più colpite figura l’Adriatico. “In entrambi i nostri scenari, la deossigenazione è maggiore nel bacino orientale rispetto a quello occidentale, dove la condizione di confine atlantica potrebbe aver attenuato la tendenza alla deossigenazione, e in diverse aree costiere, come l’Adriatico settentrionale”, si legge nello studio.

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