Il 2019 ha registrato i peggiori impatti ambientali del secolo per il continente australiano
(Rinnovabili.it) – Secondo un rapporto dell’Australian National University, nel corso del 2019 il caldo e la siccità hanno prodotto i peggiori impatti ambientali in tutto il paese degli ultimi 20 anni, con fiumi, foreste e fauna selvatica colpiti su una “scala senza precedenti”. Nello specifico, nel 2019 l’indice delle condizioni ambientali in Australia ha segnato un livello di 0,8 su 10, il risultato peggiore in tutti gli anni analizzati a partire dal 2000.
Incendi, episodi di caldo estremo, bassissima umidità del suolo, scarsa crescita della vegetazione e ben 40 specie aggiunte all’elenco delle specie minacciate da estinzione sono alcuni degli impatti ambientali peggiori emersi dal rapporto. Il principale autore, il professore Albert van Dijk della Fenner School of Environment and Society della Australian National University, ha dichiarato al Guardian che il 2019 è stato “probabilmente il peggiore anno del secolo, se non di più”.
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“Questa è la nuova normalità e la situazione non potrà che peggiorare”, ha dichiarato van Dijk, secondo cui la difficoltà degli ecosistemi consiste prevalentemente nel riuscire a fatica a riprendersi prima del successivo episodio di “disturbo” ambientale. Il rapporto ha misurato le condizioni ambientali australiane attraverso sette indicatori: inondazioni, ruscellamenti, crescita della vegetazione, area di fogliame, protezione del suolo, copertura arborea e numero di giorni caldi. In tutti gli anni analizzati dal 2000 in poi, il 2005 è stato l’anno peggiore dopo il 2019. Il 2010, invece, è stato il migliore in quanto uno dei più umidi per l’Australia.
Secondo Van Dijk, le principali cause dei gravi impatti ambientali del 2019 sono state il riscaldamento globale e la naturale variabilità del clima australiano. Il numero di giorni che hanno registrato una temperatura superiore ai 35° C è stato maggiore del 36% rispetto ai 19 anni precedenti. Inoltre, la popolazione ha continuato a crescere e le emissioni di gas serra sono rimaste elevate. Infatti, sebbene nel 2019 le emissioni di gas serra per persona siano state inferiori dell’11% rispetto alla media del 2000-18, sono comunque rimaste tra le più alte al mondo a causa dell’elevato consumo di energia per persona e della combustione del carbone per l’elettricità.
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Inoltre, analizzando gli impatti ambientali sulla biodiversità, il rapporto ha evidenziato come il numero delle volpi volanti dagli occhiali (una delle tante specie vulnerabili allo stress da calore) sia crollato a 47.000 esemplari da una media di 100.000 prima del 2016. In generale, il numero di specie minacciate è aumentato del 36% dal 2000. La situazione non è migliore per fiumi e foreste pluviali, con i primi che hanno registrato un calo della portata del 43% e le seconde – fra cui le foreste Gondwana, patrimonio mondiale dell’umanità, le Blue Mountains e la Gippsland – gravemente colpite dagli incendi.