La chiave per comprendere come e quanto varierà la capacità degli oceani di assorbire CO2 è l’alcalinità. Uno studio apparso su Geophysical Research Letters modella i cambiamenti futuri nello scenario emissivo più sfavorevole
Nel 2300 l’assorbimento di carbonio negli oceani sarà la metà di oggi
(Rinnovabili.it) – Gli oceani coprono il 70% della superficie terrestre e svolgono un ruolo cruciale nell’assorbire CO2 dall’atmosfera, stoccandola per centinaia di anni. Ma questa capacità varia man mano che il sistema climatico del Pianeta viene modificato. E in un clima più caldo, la capacità di assorbire e trattenere carbonio negli oceani è destinata a diminuire.
Non di poco. La quantità di CO2 che gli oceani mondiali possono assorbire potrebbe raggiungere il picco massimo nel 2100, per poi iniziare un declino costante man mano che la temperatura globale sale. Nel 2300, le masse d’acqua salata sul Pianeta sarebbero in grado di stoccare carbonio negli oceani a un ritmo dimezzato rispetto a oggi. Anche se questa situazione è compatibile solo con lo scenario peggiore di riscaldamento globale tra quelli individuati dall’IPCC, con il termometro globale che supera quota +4°C entro fine secolo.
Alcalinità e tipping point per il carbonio negli oceani
Lo sostiene uno studio apparso su Geophysical Research Letters che usa modelli predittivi per stimare il comportamento degli oceani e il loro ruolo futuro come pozzi di carbonio. E individua l’alcalinità come il fattore più importante da considerare. Il declino, infatti, avverrebbe a causa della comparsa di uno strato superficiale di acqua a bassa alcalinità che ostacola la capacità degli oceani di assorbire la CO2.
Il processo descritto nello studio viene innescato da un cambiamento climatico estremo, che aumenta le precipitazioni e rallenta le correnti oceaniche. La superficie degli oceani viene così coperta da uno strato caldo di acqua dolce che non si mescola facilmente con le acque più fredde e alcaline sottostanti. Saturandosi di CO2 col tempo, questo strato superficiale ha una alcalinità minore e perciò una capacità di assorbire CO2 più bassa.
Un elemento importante, l’attenzione all’alcalinità, perché, stando alle simulazioni condotte dai ricercatori, è proprio grazie all’alcalinità che si può individuare un tipping point per gli oceani come pozzi di carbonio efficienti, ovvero un punto superato il quale la dinamica si inceppa e il declino avviene a ritmo accelerato e irreversibile in tempi umani.
“Che si tratti di questo o del collasso delle calotte glaciali, nel nostro futuro è potenzialmente in agguato una serie di crisi collegate che dobbiamo evitare a tutti i costi”, commenta Pedro DiNezio, coautore dello studio. Oggi gli oceani assorbono circa il 30% dell’anidride carbonica immessa ogni anno in atmosfera da cause naturali e antropiche.