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Cosa sono gli hotspot della crisi climatica e perché sono importanti

Il riscaldamento globale non corre alla stessa velocità a tutte le latitudini. Le differenze tra regione e regione possono essere molto marcate. Uno sguardo all’Artico e all’Europa mediterranea

Hotspot della crisi climatica: cosa sono e perché sono importanti
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Non esiste una definizione univoca di hotspot della crisi climatica

(Rinnovabili.it) – Nel 2022, il riscaldamento globale è arrivato a circa +1,11°C sui livelli dell’epoca pre-industriale, cioè la seconda metà del XIX secolo. Questo valore è un indicatore utile per comprendere la traiettoria del global warming e le sue conseguenze a livello globale, ma non rispecchia necessariamente le realtà regionali. Su scala più locale, infatti, il global warming può correre anche molto più veloce rispetto alla media e avere un impatto più pronunciato. Gli scienziati definiscono hotspot della crisi climatica i punti dove ciò accade.

Cosa sono gli hotspot della crisi climatica?

Una definizione univoca degli hotspot della crisi climatica non esiste. Se ne possono tentare diverse, ma sicuramente una delle più complete e delle più utili a comprendere perché i “punti caldi” sono importanti è quella che tiene insieme fattori climatici e sociali. Gli hotspot della crisi climatica sono regioni dove effetti fisici ed ecologici forti del cambiamento climatico si riverberano su comunità umane particolarmente vulnerabili e povere. Un buon esempio sono i delta dei principali fiumi al mondo, dove si concentrano centinaia di milioni di persone. Sono solo l’1% della superficie terrestre ma ospitano mezzo miliardo di persone. E sono particolarmente soggette all’aumento del livello dei mari e alla subsidenza.

Altre definizioni restano sul piano del clima e sottolineano il ruolo degli hotspot come “sentinelle del clima” con una valenza globale: anticipano tendenze che si verificheranno altrove in futuro, oppure sono luoghi dove l’impatto del climate change innesca dei meccanismi che si riverbereranno su scala planetaria. Il primo caso è quello dei ghiacciai, il secondo è quello del Polo Nord e del fenomeno dell’amplificazione artica.

L’Artico

Uno degli hotspot della crisi climatica più citati e importanti è proprio la regione artica. È il luogo sulla Terra dove le temperature stanno aumentando più rapidamente e l’anomalia termica è più pronunciata. Nell’Artico, la temperatura ha già superato i 2°C di riscaldamento globale, più o meno il doppio della media. In alcune regioni specifiche, spiegano degli studi recenti, il tasso è molto più pronunciato. Secondo un lavoro pubblicato su Scientific Reports, l’anomalia è fino a 7 volte più consistente che altrove. Tra l’arcipelago delle Svalbard e quello della Terra di Francesco Giuseppe l’anomalia termica per decennio è anche di +2,71°C.

La tendenza si va acuendo per via del fenomeno dell’amplificazione artica. Più aumenta la temperatura, più si sciolgono i ghiacci artici. Cambia così l’albedo, la capacità di riflettere la radiazione solare e trattenere meno calore. L’oceano artico, sempre più scoperto, assorbe più radiazione del ghiaccio. L’energia che si accumula nell’Artico quindi sta aumentando, e a cascata ha un impatto sulla velocità di scioglimento della banchisa.

L’Europa mediterranea

Anche l’Europa, e in particolare il Mediterraneo, sono considerati degli hotspot della crisi climatica. Il vecchio continente, nel 2022, è stato 2,3°C più caldo rispetto all’età pre-industriale. Il tasso di aumento del global warming è circa doppio rispetto alla media globale. Non è l’unico indicatore che la qualifica come hotspot. Negli ultimi 42 anni, l’Europa ha visto un aumento dell’intensità e della frequenza delle ondate di calore da 3 a 4 volte maggiore rispetto al resto del mondo.

Non tutte le stagioni, infatti, si stanno riscaldando alla stessa velocità. Uno studio del 2022 ha calcolato che il riscaldamento del Mediterraneo amplificato rispetto alla media globale si riscontra principalmente durante l’estate. Può variare da 1,83 a 8,49°C a seconda dello scenario emissivo considerato, con il primo valore che corrisponde al rispetto del limite degli 1,5 gradi e il secondo che indica lo scenario peggiore con un global warming superiore a 4°C a fine secolo. Per la fine del secolo e per lo scenario ad alte emissioni, si prevede una forte e significativa diminuzione delle precipitazioni in gran parte della regione durante l’estate (da -49% a -16%).