Uno studio del Cnr pubblicato su Eos realizza la 1° mappa globale ad alta risoluzione della grandine
(Rinnovabili.it) – L’Italia è il paese mediterraneo più esposto alle grandinate di maggiore intensità. Con buona probabilità un effetto diretto della crisi climatica, che ha nel Mare Nostrum uno dei maggiori hotspot a livello globale. La regione si sta riscaldando a un ritmo più rapido del 20% rispetto alla media globale, con cambiamenti nel regime delle precipitazioni e un aumento degli eventi estremi. Tra cui bisogna inserire anche chicchi di grandine più grandi e quindi più dannosi. Lo ha rivelato uno studio condotto dal Cnr italiano e pubblicato sulla rivista Eos.
La 1° mappa globale della grandine
Un lavoro che ha prodotto la prima mappa globale della grandine ad alta risoluzione, realizzata usando dati satellitari. “Abbiamo analizzato l’intera rete di sensori satellitari che fanno parte della missione spaziale internazionale Global Precipitation Measurements (GPM). Questo tipo di sensori consentono di utilizzare una vasta gamma di frequenze di sondaggio e hanno un’elevata copertura spaziale, offrendo notevoli potenzialità in termini di rilevamento e di indagine delle grandinate”, spiega Sante Laviola, ricercatore del Cnr-Isac e primo autore dello studio.
La grandine si forma quando i forti venti ascensionali delle nubi temporalesche mantengono le gocce di pioggia e le particelle di ghiaccio in quota, dove le temperature sono inferiori allo zero e dove queste particelle possono scontrarsi e congelarsi in pezzi più grandi. Quando i chicchi di grandine diventano troppo grandi per essere sostenuti dalle correnti ascensionali, cadono al suolo. I cambiamenti del clima nel Mediterraneo influiscono sulla dimensione dei chicchi e sull’intensità delle precipitazioni, anche se non è ancora chiaro esattamente in che misura.
“Nonostante ci sia una grande variabilità tra un anno e l’altro, in tutta l’area si può notare un trend di aumento, pari al 30%, per quanto concerne le precipitazioni di grandine sia intense che estreme”, continua Laviola. “In particolare, nella nostra Penisola si è raggiunto il numero medio più alto di questo tipo di precipitazioni, che si concentrano maggiormente nel nord durante l’estate, mentre crescono nel centro-sud tra la fine dell’estate e l’autunno”.