La causa intentata da 203 tra associazioni e cittadini (di cui 17 minorenni) chiede che l’Italia tagli le emissioni del 92% entro il 2030, una cifra che rispecchia le sue responsabilità storiche e mette al centro il tema della giustizia climatica
Il 14 dicembre la prima udienza del processo Giudizio Universale
(Rinnovabili.it) – Mentre a Montecitorio si inizia finalmente a discutere di una legge sul clima e di quale governance climatica per la transizione energetica, l’Italia finisce in tribunale con l’accusa di aver fatto troppo poco. Domani si tiene la prima udienza di Giudizio Universale, la prima causa per inazione climatica contro lo Stato italiano.
Giudizio Universale: per il diritto a un clima stabile e sicuro
Il ricorso alla giustizia è un’iniziativa dell’Associazione A Sud, che ha coinvolto in tutto 203 ricorrenti di cui 24 associazioni, 162 cittadini e 17 minorenni. L’obiettivo? “Chiedere al Tribunale di dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica e che l’impegno messo in campo è insufficiente a centrare gli obiettivi di contenimento della temperatura definiti dall’Accordo di Parigi”, spiegano i promotori. “Un’insufficienza che ha come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali”.
Al centro del processo Giudizio Universale c’è il nesso tra diritti umani e cambiamenti climatici. È necessario, sostengono i promotori, riconoscere un diritto umano al clima stabile e sicuro. Un diritto verso cui, con le sue azioni, l’Italia starebbe venendo meno. La richiesta è che il tribunale condanni l’Italia a “ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali”.
Giudizio Universale segue l’esempio di altre cause legali intentate a paesi europei. In alcuni casi hanno avuto successo e un impatto immediato sulle politiche climatiche nazionali. È il caso della Germania, condannata per inazione climatica quest’anno, che nel giro di una settimana ha anticipato la data della neutralità climatica di 5 anni al 2045 e alzato il target di riduzione delle emissioni di 10 punti percentuali. Altri processi hanno toccato Spagna, Francia, Olanda.
La performance climatica dell’Italia
Secondo i calcoli di Climate Transparency, le emissioni dell’Italia (escluse quelle legate all’uso del suolo) sono diminuite del 17% tra il 1990 e il 2018, attestandosi a 429 MtCO2e. A questi ritmi raggiungeranno quota -64% al di sotto dei livelli del 1990 nel 2050. Ma entro questa data dovremmo aver centrato la neutralità climatica.
“L’obiettivo nazionale dell’Italia è ridurre le emissioni di gas serra del 38% al di sotto dei livelli del 2005, ovvero di circa 366 MtCO2e, entro il 2030. Per mantenersi al di sotto del limite di temperatura di 1,5°C, le emissioni dell’Italia al 2030 dovrebbero essere di circa 165 MtCO2e (o il 72% al di sotto dei livelli del 2005)”, scriveva Climate Transparency in un rapporto uscito alla vigilia della COP26 di Glasgow. Questo significa che c’è ancora “un gap di ambizione di 201 MtCO2e”. (lm)