Prosegue il monitoraggio della Carovana dei Ghiacciai di Legambiente
Del ghiacciaio della Fradusta, la grande massa di ghiaccio che albergava in una delle principali vette delle Pale di San Martino, è rimasto poco o niente. Tra il 1888 e il 2014 ha perso oltre il 95% della sua area glaciale passando da 150 ettari ad appena 3 ettari. Non va meglio al ghiacciaio del Travignolo che passa dai 30 ettari di fine Ottocento ai 15 attuali, ma sta andando incontro anche ad un profondo cambiamento morfologico.
È questo, in estrema sintesi, il risultato del monitoraggio effettuato nella quinta tappa della Carovana dei Ghiacciai di Legambiente sui ghiacciai della Fradusta e del Travignolo in Trentino Alto Adige.
I risultati del monitoraggio sono stati presentati questa mattina a San Martino di Castrozza (TN), nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato Vanda Bonardo, Responsabile Alpi Legambiente, Marco Giardino, Segretario Comitato Glaciologico Italiano, Gino Taufer, responsabile tecnico del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino, Vittorio Ducoli, direttore del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino, Andrea Pugliese, Presidente Legambiente Trento.
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La Carovana dei Ghiacciai è la nuova campagna di Legambiente, realizzata con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e con partner principale Sammontana e partner sostenitore FRoSTA, che dal 17 agosto al 4 settembre monitora lo stato di salute dei più importanti ghiacciai alpini per sensibilizzare le persone sugli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale alpino.
“Il ghiacciaio della Fradusta sta regredendo ad una velocità tale da sembrare quasi una ‘morte in diretta’ – dichiara Vanda Bonardo, Responsabile Alpi Legambiente – ulteriore quanto evidente segnale dell’accelerazione dei cambiamenti climatici. Una crisi, quella climatica, che come stiamo osservando sta modificando il territorio non più di anno in anno come accadeva un tempo, ma giorno per giorno. Gli effetti del maltempo nella zona di indagine di questi giorni, con nuove frane e colate detritiche, se da un lato ci ricordano la vivacità dal punto di vista geomorfologico dell’area dolomitica, dall’altro ci ripropongono il problema della gestione del territorio con una particolare attenzione all’uso del suolo. Per tutto ciò è però indispensabile mettere al centro progetti integrati di riduzione del rischio e di adattamento al cambiamento climatico. Tuttavia, su quest’ultimo aspetto ad oggi, ancora, non abbiamo nessuna notizia rispetto al piano nazionale che avrebbe già dovuto essere approvato”.
La quinta tappa della Carovana dei Ghiacciai ha interessato il territorio del Parco naturale Paneveggio nella splendida cornice dolomitica delle Pale di San Martino, dove sono situati due dei ghiacciai della Campagna Glaciologica, monitorati con il contributo della Società degli Alpinisti Tridentini (SAT.) Si tratta di apparati glaciali di minori dimensioni rispetto a quelli visitati nelle precedenti tappe, ma di grande interesse ambientale.
Il ghiacciaio della Fradusta si sviluppa lungo il versante nord della Cima la Fradusta (2939 m slm), la quale rappresenta il punto più elevato della serie di creste rocciose che formano il perimetro meridionale dell’Altopiano delle Pale di San Martino. I dati a disposizione indicano che sino agli anni ’90 del secolo scorso si poteva ben distinguere un’unica massa di ghiaccio fino alla fronte, a quota circa 2650 metri, tuttavia negli anni successivi le significative variazioni di spessore hanno portato a una frammentazione della massa con la formazione di due porzioni distinte e visibili. Il fenomeno della comparsa di finestre rocciose che separano gli ammassi di ghiaccio è conseguenza della forte riduzione locale dello spessore del ghiacciaio che ne favorisce l’ablazione e ne inibisce il rifornimento dalle zone di accumulo.
La forte esposizione agli agenti atmosferici rende il ghiacciaio di Fradusta molto sensibile ai cambiamenti climatici. Infatti, le pareti rocciose che lo sovrastano non sono in grado di proteggerlo dall’irraggiamento: l’operatore glaciologico Gino Taufer ha segnalato ampi settori di ghiaccio privi di copertura nevosa anche nella zona di accumulo.
La drastica riduzione di area e le caratteristiche morfologiche osservate in questo piccolo ghiacciaio dolomitico possono essere considerate evidenze della “morte di un ghiacciaio”. Proprio la divisione del ghiacciaio per mezzo di superfici rocciose ha portato alla totale scomparsa, nella porzione inferiore, dei fenomeni di attività e di alimentazione, complice anche la sfavorevole esposizione e la bassa quota.
“Ciascun ghiacciaio visitato nella Carovana dei ghiacciai ha mostrato caratteristiche proprie, di forma, movimento e anche storia evolutiva – dichiara Marco Giardino, Segretario Comitato Glaciologico Italiano – Dal confronto fra i dati d’archivio e i monitoraggi in atto sono emerse anche analogie e ricorrenze nel comportamento delle masse glaciali. La discussione con gli esperti ha evidenziato le tendenze evolutive dei ghiacciai e degli ambienti circostanti in funzione del riscaldamento climatico e le possibili conseguenze sul territorio in termini di rischi e risorse”.