L’analisi di 16 modelli previsionali a lunghissimo termine mostra che il comportamento del Polo Sud è abbastanza uniforme fino al 2100 in tutti gli scenari emissivi. Ma la differenza tra quelli a basse e alte emissioni diventa rapidamente visibile nel 22° secolo
I risultati di uno studio coordinato dal Dartmouth College
Capire qual è l’impatto della crisi climatica sul Polo Sud è una delle grandi sfide tutt’ora aperte per la scienza del clima. L’andamento dei ghiacci dell’Antartide è molto meno lineare rispetto alla calotta polare artica. Ed è difficile correlarlo all’andamento del riscaldamento globale. Un nuovo studio apparso su Earth’s Future e a cui hanno contribuito oltre 50 scienziati prova a sciogliere questo interrogativo combinando 16 diversi modelli previsionali.
Perché è difficile prevedere il comportamento dei ghiacciai dell’Antartide?
Il Polo Sud fino ad ora ha dato indicazioni contrastanti sull’evoluzione della calotta glaciale. Il 2024 è stato il 3° anno consecutivo nel quale l’estensione del ghiaccio marino del Polo Sud è rimasta sotto la soglia di 2 milioni di km2. A fine febbraio mancava una superficie di 850mila km2, quasi 3 volte l’Italia.
Ma è troppo poco per individuare una tendenza. Solo pochi anni prima, nel 2013 e nel 2015, si sono registrati i massimi storici (la serie di dati inizia nel 1979). Un trend c’è, ed è leggermente negativo: -1,7% di copertura glaciale al decennio. Ma è un dato che, al momento, non è statisticamente significativo. Non è quindi possibile affermare che la contrazione del Polo Sud sia legata alla crisi climatica e proceda in parallelo con l’andamento del riscaldamento globale.
Il Polo Sud da oggi al 2300
Questa difficoltà è confermata, in qualche modo, dall’analisi sui 16 modelli previsionali coordinata dal Dartmouth College. Lo studio analizza l’andamento dei ghiacciai dell’Antartide nei prossimi 300 anni e individua due fasi caratterizzate da differenze significative.
La prima dura dal presente al 2100 e ha un andamento che non sembra riflettere la quantità di gas serra presente in atmosfera. Sia negli scenari ad alte che a basse emissioni, la calotta del Polo Sud continua lentamente a declinare. Ma anche nel caso peggiore, si ha al massimo un aumento dei mari di 30 centimetri a fine secolo.
La differenza tra i percorsi emissivi è invece ben visibile nella seconda fase, tra il 2100 e il 2300. Anche in uno scenario intermedio, costruito sul tasso di emissioni di oggi, i ghiacciai dell’Antartide occidentale iniziano a contrarsi molto rapidamente. Ed entro il 2200 potrebbe portare ad un aumento del livello del mare di 1,67 metri. Entro il 2300, l’intera calotta potrebbe addirittura scomparire secondo alcuni dei modelli. Mentre nel complesso, i modelli previsionali suggeriscono per il 2300 un probabile aumento dei mari di 4,4 metri, che può arrivare a 6,9 metri in caso di collasso di alcuni scudi glaciali.
“Mentre le attuali emissioni di carbonio hanno solo un impatto modesto sulle proiezioni dei modelli per questo secolo, la differenza tra il modo in cui gli scenari ad alte e basse emissioni contribuiscono all’innalzamento del livello del mare aumenta notevolmente dopo il 2100”, spiega Mathieu Morlighem, co-autore dello studio. “Questi risultati confermano che è fondamentale ridurre le emissioni di carbonio ora per proteggere le generazioni future”.