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L’ultima tentazione di Biden: la geoingegneria degli oceani

Uno studio dell’Accademia nazionale delle Scienze, dell’Ingegneria e della Medicina degli Stati Uniti suggerisce alcuni modi per aumentare la capacità naturale degli oceani di cattura e sequestro della CO2: da scariche elettriche in mare alla disseminazione di fosforo e azoto, fino alla coltivazione ad hoc di alcune specie di alghe

Geoingegneria degli oceani: il dossier USA propone 6 opzioni
Protozoi parameci, uno dei più importanti costituenti del plankton. Via depositphotos.com

Sono 6 le opzioni di geoingegneria degli oceani esplorate nel rapporto

(Rinnovabili.it) – Per raggiungere emissioni nette zero entro metà secolo non basterà ridurre drasticamente le emissioni: tutti gli scenari più plausibili e accreditati spiegano che servirà anche il sequestro e lo stoccaggio della CO2, che sia in pozzi di carbonio naturali oppure tramite soluzioni industriali come la cattura diretta dall’aria. Il problema è che i carbon sink naturali sono limitati e la tecnologia oggi muove ancora i primi passi. Che fare? Secondo uno studio dell’Accademia nazionale delle Scienze, dell’Ingegneria e della Medicina degli Stati Uniti, Washington dovrebbe esplorare la via della geoingegneria degli oceani.

L’opzione geoingegneria degli oceani

“L’oceano, che copre il 70% della superficie terrestre, comprende gran parte della capacità globale di sequestro naturale del carbonio; l’oceano ha anche un grande potenziale per l’assorbimento e il sequestro a lungo termine della CO2 prodotta dall’uomo”. Su questa premessa, lo studio – finanziato dalla fondazione ClimateWorks, no-profit americana che finanzia, tra gli altri, Greenpeace – introduce la necessità di testare alcune soluzioni per aumentare la capacità naturale delle masse marine di rimuovere la CO2 dall’aria e di stoccarla per lunghi periodi di tempo.

Quali sono le opzioni di geingegneria degli oceani proposte dal dossier, sulle quali il consiglio degli scienziati è di investire almeno 1 miliardo di dollari in ricerca?

  • Elettrificazione degli oceani – Le scariche di elettricità rendono l’acqua meno acida, più alcalina, e quindi in grado di assorbire più CO2. Come effetto collaterale (positivo), il rapporto cita i benefici per la vita marina sotto stress per l’acidificazione degli oceani.
  • Aggiunta di minerali – L’obiettivo è lo stesso del punto precedente, ma questa volta si utilizzerebbero dei minerali al posto dell’elettricità.
  • Fosforo e azoto – Aggiungere fosforo e azoto in superficie stimolerebbe la fotosintesi da parte del plancton, aumentando la quantità di CO2 che assorbirebbe.
  • Coltivare alghe – L’idea qui è coltivare delle specie di alghe in grado di assorbire grandi quantità di anidride carbonica, poi fatte sprofondare sui fondali oceanici a grande profondità.
  • Recupero degli ecosistemi – Un’opzione presente in tutte le discussioni internazionali sul clima, che richiede un approccio sistemico e teso al semplice ripristino di un migliore equilibrio ecosistemico. Ma è anche tra le soluzioni a cui gli scienziati americani danno meno chances: avrebbe solo una probabilità medio-bassa di funzionare.
  • Onde artificiali – Anche in questo caso si tratta di stimolare la crescita del plancton, ma è l’opzione di geoingegneria degli oceani meno promettente: bassa probabilità di successo e rischi alti.