Lo studio sul ruolo dell’acqua di fusione è apparso su Science Advances
(Rinnovabili.it) – I modelli che la scienza del clima usa per simulare la fusione dei ghiacciai dell’Antartide non prendono in considerazione il ruolo dell’acqua di fusione che scorre tra la massa ghiacciata e la roccia a cui è ancorata. Finora, infatti, gli studi hanno sostenuto che il suo contributo è trascurabile. E su questi assunti si basano anche le previsioni formulate dall’IPCC nei suoi ultimi rapporti.
Ma sono assunti che potrebbero essere sbagliati, avverte un nuovo studio dell’università della California – San Diego pubblicato di recente su Science Advances. Nello scenario emissivo peggiore, la fusione dei ghiacciai dell’Antartide sarebbe significativamente accelerata dall’acqua di fusione. Che potrebbe aumentare fino al 15% in più l’innalzamento del livello dei mari previsto fino a oggi.
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Si tratta, però, ancora di un’ipotesi. I ricercatori californiani hanno verificato che il ruolo dell’acqua di fusione è importante per due soli ghiacciai della porzione orientale dell’Antartide, Denman e Scott. Insieme, se si sciogliessero del tutto, potrebbero far salire i mari di 1,5 metri. Per quantificare l’apporto effettivo dello scarico glaciale, gli autori dello studio hanno aggiunto questo fattore ai modelli predittivi fino al 2300 e li hanno testati per diversi scenari emissivi.
In uno scenario ad alte emissioni, corrispondente all’SSP5-8.5 dell’IPCC, che non presuppone alcuna nuova politica climatica oltre alle attuali e ipotizza che le emissioni di CO2 aumentino ancora del 20% entro il 2100, il modello ha rilevato che lo scarico subglaciale può aumentare il contributo dell’innalzamento del livello del mare di questi ghiacciai del 15,7%, da 19 a 22 millimetri entro il 2300. L’acqua di fusione, infatti, lascia un vuoto tra la calotta e la roccia sottostante che favorisce l’ingresso di acqua marina, più calda, la quale contribuisce a sua volta ad accelerare la fusione anche della parte di ghiacciaio ancorato alla terraferma.
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Resta però da verificare se la dinamica vale anche per gli altri ghiacciai dell’Antartide o se riguarda solo alcuni. “Penso che questo studio sia un campanello d’allarme per la comunità di chi produce modelli predittivi. Dimostra che non è possibile modellare accuratamente questi sistemi senza tenere conto di questo processo”, ha affermato Jamin Greenbaum, coautore dello studio.