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Fusione dei ghiacciai, l’Unesco condanna anche le Dolomiti

Carovana dei Ghiacciai 2022: il climate change scala le Alpi
Photo by Vincentiu Solomon on Unsplash

Dal 2000 la fusione dei ghiacciai procede a ritmo accelerato

(Rinnovabili.it) – Un terzo dei ghiacciai nei siti Patrimonio dell’umanità Unesco in tutto il mondo sparirà entro il 2050. A prescindere dagli sforzi che faremo per contenere le emissioni di gas serra. E per preservare quelli che restano è indispensabile tenere la temperatura globale sotto gli 1,5 gradi. Perché la fusione dei ghiacciai sta procedendo a ritmo accelerato sin dai primi anni 2000 e questa tendenza non accenna a diminuire. È il messaggio consegnato dall’Unesco a tre giorni dall’inizio della COP27 sul clima che si terrà a Sharm el-Sheik in Egitto.

Tutti i 50 siti Unesco passati in rassegna nel rapporto World Heritage Glaciers: sentinels of climate change hanno perso massa negli ultimi 20 anni al ritmo di 58 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno, in tutto 1163 Gt. L’acqua di fusione, finendo negli oceani, ha contribuito per il 4,5% all’aumento del livello dei mari osservato dal 2000 a oggi, cioè per 3,22 mm.

Fusione dei ghiacciai, ecco quelli più a rischio

Il sito con la maggiore perdita netta di massa di ghiaccio dal 2000 al 2020 è stato Kluane / Wrangell-St. Elias / Glacier Bay / Tatshenshini-Alsek (Canada, Stati Uniti d’America) con 487 Gt, seguito da Ilulissat Icefjord (Danimarca) con 350 Gt, il Vatnajökull National Park – Dynamic Nature of Fire and Ice (Islanda) con 132 Gt, Los Glaciares National Park (Argentina) con 88 Gt e Aasivissuit – Nipisat (Danimarca) con 39 Gt. Questi cinque siti insieme rappresentano circa il 95% della perdita totale di massa di ghiaccio della rete del Patrimonio mondiale.

Quali sono i ghiacciai più a rischio? Le proiezioni indicano che, indipendentemente dallo scenario climatico applicato, i ghiacciai di tutti i siti del Patrimonio Mondiale al di fuori delle calotte polari e con aree glacializzate inferiori a 10 km2 potrebbero scomparire quasi completamente nei prossimi 30 anni. Parliamo quindi della fusione dei ghiacciai più iconici del pianeta, dal Kilimanjaro (ma anche gli altri ghiacciai africani, sul monte Kenya e nel complesso Rwenzori-Virunga) alle Dolomiti, al parco di Yellowstone e di Yosemite negli Stati Uniti.

“In uno scenario business-as-usual ad alte emissioni (RCP8.5), i ghiacciai in almeno altri 10 siti (principalmente siti con un’area glacializzata compresa tra 10 e 100 km2) potrebbero scomparire quasi completamente entro il 2100, e la perdita di massa di ghiaccio potrebbe raggiungere più di 8.000 Gt in totale (o circa 20 mm di innalzamento del livello del mare equivalente)”, si legge nel rapporto.

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