(Rinnovabili.it) – Dalla Sardegna alla Puglia, dalla Sicilia al Lazio, le foreste italiane risultano a rischio. I cambiamenti climatici hanno reso i nostri polmoni verdi ancora più vulnerabili ai disastri ambientali, esacerbando nel contempo la frequenza e la gravità degli eventi estremi. Gli incendi di questi giorni – in primis la tragedia sarda – sono solo l’ultimo campanello di allarme di una situazione ben più complessa. Una situazione su cui pensa anche il rischio di schianti, frane e valanghe.
Per valutare l’impatto di questi elementi a livello locale è nato il progetto LIFECO2PES&PEF. L’iniziativa, cofinanziata dal programma comunitario LIFE, mira a supportare i sistemi forestali nello stoccaggio di CO2 e nella prevenzione dei rischi ambientali. Come? Realizzando, grazie all’Università di Milano, nuovi metodi per analizzare e simulare la suscettibilità dei popolamenti forestali a ogni pericolo considerato. Lo studio è stato svolto nelle tre aree forestali pilota coinvolte nel progetto: il Demanio Forestale Forlivese e il Consorzio Comunalie Parmensi, aree forestali della Regione Emilia- Romagna e la proprietà regionale di Fusine, area forestale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
“Abbiamo l’obbligo di intervenire per mitigare gli effetti del fuoco e degli eventi climatici estremi”, spiega Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale dell’Università degli Studi di Milano. “Grazie alle analisi effettuate nell’ambio del progetto, abbiamo individuato le zone più a rischio nelle aree pilota, dove si concentreranno gli interventi selvicolturali di prevenzione al fine di ridurre la suscettibilità dei popolamenti”.
Il principale pericolo per le foreste è rappresentato degli incendi. Il comportamento e la diffusione dei roghi sono stati simulati tramite il software FlamMap. Il programma ha mostrato un pericolo d’incendio generalmente basso nelle tre aree, con una marcata differenza tra l’area alpina, dove il pericolo è decisamente contenuto (probabilità di combustione del 0-8,5% nella Foresta Regionale di Fusine) e quella appenninica, dove invece è più alto (probabilità di combustione del 3,5-16% nelle Comunalie parmensi di Baselica e Pontolo e nel Complesso demaniale Fantella-Galeata)
La simulazione degli schianti da vento, effettuata tramite il software ForestGALES, rappresenta invece il principale rischio per gli ecosistemi forestali centroeuropei. Tuttavia coma ha dimostrato la tempesta Vaia nel 2018, anche l’Italia può subire ingenti danni. Simulando le velocità critiche del vento che comporterebbero degli schianti nelle tre aree, si sono rilevati comportamenti molto variabili, con un minor vulnerabilità rilevata nell’area appenninica rispetto a quella alpina (le velocità critiche medie sono 15,6 m/s nella Foresta Regionale di Fusine, 41,8 m/s nelle Comunalie parmensi di Baselica e Pontolo e 61,7 m/s nel Complesso demaniale Fantella-Galeata).
I pericoli naturali come frane superficiali, valanghe e rotolamento di massi sono invece particolarmente rilevanti nelle aree boschive con versanti suscettibili a erosione e detriti, dove la foresta non riesce a svolgere appieno la sua funzione protettiva. Le cause? Insufficiente densità e copertura arborea, bassa profondità delle chiome, snellezza troppo elevata, instabilità o ancoraggio inadeguato degli alberi, presenza di patologie fitosanitarie e rinnovazione talvolta assente.
“Gli interventi selvicolturali di prevenzione che saranno effettuati a partire dall’autunno 2021 su 20 ettari di superficie campione per area di studio, serviranno a condizionare la struttura e la composizione di queste aree. E dunque ad aiutare le foreste a rigenerarsi dopo i danni provocati dagli eventi naturali, a rendere le foreste più resistenti al cambiamento climatico e ad incentivare una pianificazione strategica della gestione forestale, in Italia e in Europa, per tutelare e conservare il nostro patrimonio forestale boschivo”.