Lo studio dell’università del Northern Arizona sulle foreste boreali mondiali
(Rinnovabili.it) – Un quarto delle foreste mondiali si sta spostando verso nord a causa del cambiamento climatico. È il bioma delle foreste boreali o taiga, il cordone di conifere che occupa le propaggini settentrionali di Europa, Asia e Nord America. Il movimento è visibile dall’analisi delle immagini satellitari, spiega uno studio dell’università del Northern Arizona.
“Ci sono prove emergenti che il cambiamento climatico sta causando l’espansione di alberi e arbusti boreali nella tundra artica e alpina, mentre allo stesso tempo gli alberi diventano più stressati e muoiono lungo i margini meridionali più caldi delle foreste boreali”, afferma Logan Berner, autore dello studio.
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Definire con precisione le dinamiche e l’entità di questo spostamento verso nord, però, resta complicato. “Queste dinamiche potrebbero portare a un graduale spostamento verso nord dell’estensione geografica del bioma della foresta boreale, ma la misura in cui tali cambiamenti sono già in corso è rimasta poco chiara”, continua Berner.
Se questa fuga verso climi più freddi una radice alla volta è una dinamica ben nota e non solo per le foreste boreali, la ricerca ha messo in luce quello che potrebbe essere un “collo di bottiglia” alla lenta marcia verso nord. L’analisi satellitare, infatti, ha scandagliato le nuove aree dove le conifere attecchiscono e ha trovato una correlazione con la quantità di azoto nei terreni. L’espansione verso nord non è uniforme, procede più spedita in alcune aree mentre altrove mostra qualche difficoltà. La disponibilità di nutrienti nei suoli, e in particolare terreni azotati, potrebbero favorire questo adattamento per migrazione. E viceversa frenarlo laddove il suolo è meno ricco di azoto.
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Lo spostamento, continua lo studio, può avere anche impatti più vicini nel tempo. Innanzitutto sulla biodiversità del bioma. Condizioni più secche lungo le frange meridionali della taiga porteranno a incendi più vasti e frequenti, mentre i suoli di nuova colonizzazione così come quelli “abbandonati” possono variare la loro capacità di stoccaggio della CO2.